GASPORT (L. GARLANDO) - Troppo Gervinho per un Napoli che ha affrontato la Roma come se Garcia non fosse laureato in ripartenze. Perfino Conte ha cambiato atteggiamento per inaridire le frecce giallorosse. Benitez, irriducibilmente fedele a se stesso, ha concesso campo e ha rischiato di essere travolto, poi è risalito con orgoglio fino al 22, prima di arrendersi al gol partita dell’inarrestabile Gervinho. Ma la semifinale resta aperta, il Napoli è vivo. Bella partita sotto la pioggia, pessimi i cori beceri contro i napoletani.
VANGELO GARCIA - I due gol del primo tempo raccontano la maturità tattica raggiunta da Garcia e le lacune difensive di Benitez. Minuto 13: Totti arretra come da vangelo del falso nove e traccia un sontuoso verticale che taglia fuori Reveillere e arriva tra i piedi di Gervinho. Notare: a destra, non a sinistra dove aveva cominciato il match. L’ex Arsenal scavalca l’incerto Reina con un raffinato colpo sotto. Il movimento di Totti, la profondità, gli esterni che si scambiano per togliere riferimenti, la puntualità della ripartenza e l’alto tasso di tecnica: un riassunto della lanciatissima Roma.
TERRA DI NESSUNO - Non è la prima volta che la linea a quattro del Napoli, costantemente esposta a palla scoperta, viene infilzata in questo modo da un pallone in verticale. Ma è soprattutto il raddoppio di Strootman che condanna l’organizzazione azzurra. L’olandese riceve in mezzo al campo, ha tutto il tempo per studiare la situazione, avanzare e tuonare all’incrocio. Una squadra ambiziosa come il Napoli non può concedere questo deserto in mezzo al campo. Troppo spesso tra i quattro moschettieri offensivi e i quattro difensori si spalanca la terra di nessuno che, senza la fisicità di Behrami, appare ancora più sguarnita. Benitez rifiuta cocciutamente l’idea di ingrassare la mediana (433), continua a puntare tutto sul 4231. Il modulo ha avuto indubbiamente dei meriti, è servito a educare un nuovo coraggio dopo le paure mazzarriane. Anche ieri il Napoli ha cominciato il match con personalità, ma se 4231 dev’essere, occorre allestire migliori meccanismi di soccorso ai due mediani, soprattutto se uno è il peso piuma Jorginho. In estate De Laurentiis ha accarezzato e mollato l’idea Strootman: ecco, uno così cambierebbe la vita del Napoli. La storia non ricorda squadre vincenti senza filtro a centrocampo. Ma la sfida di Rafa, che potrà anche sembrare donchisciottesca, è irrevocabilmente questa: segnare un gol in più anche a costo di prenderne tanti, vincere attaccando anche rischiando di difendersi male. E nel secondo tempo Benitez prova a vincere il suo mulino a vento.
REAZIONE NAPOLI - Già al 2’ della ripresa il suo primo eroe, il Pipita Higuain, spara in rete un diagonale da sinistra con la doppia complicità di Benatia e De Sanctis: 21. La Roma oltre al tè sembra che abbia mangiato anche i pasticcini. E’ tornata in campo visibilmente rilassata, sazia del doppio vantaggio e preoccupata di amministrare energie per il derby. Ma, ferita da Higuain, riesce comunque a ripartire e ad arrivare con facilità al tiro perché il centrocampo del Napoli continua ad essere terreno sfitto. Ljajic cavalca e spara due velenosi rasoterra. Il Napoli barcolla, ma resta in piedi e al 25’ con il suo folletto di scorta, entrato per un irriconoscibile Hamsik, ormai un caso, coglie un pareggio che prima del tè sembrava utopia. E Benitez attacca ancora. Sente di avere in pugno il mulino.
GERVINHO BIS - Ma non ha fatto i conti con quel demonio di Gervinho. Minuto 43: altra palla in verticale, altro difensore tagliato fuori (Ghoulam), altra palla nella rete di Reina. Niente da fare. Ha vinto il mulino. Gli errori difensivi costano sempre caro e noi italiani che abbiamo insegnato al mondo a difendersi, lo sappiamo bene. Tra Bergamo e Roma, il Napoli ha subito 6 gol in 4 giorni. Ma la semifinale resta aperta, al San Paolo c’è margine per l’impresa, anche se la Roma potrà ripartire come ama. Forse però Benitez, che ha chiuso con il 442, qualcosa ha imparato e avrà comunque un Behrami in più nella terra di nessuno. Mica poco.