IL TEMPO (A. AUSTINI) - Doveva succedere prima o poi. Dovevano fermarla in qualche modo questa Roma sempre vincente. È successo a Torino che, ironia della sorte, dà una mano ai rivali juventini e rianima anche il Napoli nella corsa scudetto.
Doveva succedere prima o poi che la corazzata di Garcia accussasse la stanchezza, peccasse di presunzione. Ma più che il Torino, è stato larbitro Banti il rivale più agguerrito dei giallorossi nellOlimpico piemontese. In tutti gli episodi chiave del match, ha fischiato a senso unico, spinto chissà da quale vento. Il gol del pareggio di Cerci nasce da una spinta ai limiti della regolarità di Meggiorini a Benatia. Dallaltra parte la Roma ha reclamato due rigori, non chiarissimi, ma il fischio non è arrivato. E alla fine anche Garcia ha perso le staffe per la punizione contro Maicon inesistente che ha spezzato lultima bracciata dei giallorossi.
La Roma a corto di benzina e uomini ha pensato quasi solo a gestire e ha rischiato più del solito. La reazione finale lascia un pizzico damaro in bocca anche se sembra un paradosso muovere accuse a una squadra che ha 31 punti dopo 11 partite e un vantaggio di 3 lunghezze sulle inseguitrici prossime ad affrontarsi nello scontro fratricida.
Garcia ha visto una Roma stanca, non lo ha detto a parole, ma lo ha dimostrato con i fatti: oltre ai cinque cambi rispetto alla formazione anti-Chievo, per la prima volta non ci sono due ali e un centravanti nel tridente bensì Pjanic avanzato al posto di Ljajic e un centrocampo rinforzato dai muscoli di Bradley. Opposta la via scelta da Ventura, che si ritrova senza centrocampisti, rimette la difesa a quattro e davanti se la gioca con altrettanti giocatori offensivi: Cerci ha il compito di martellare Balzaretti insieme ai tifosi che lo insultano dal riscaldamento, El Kaddouri sta dalla parte opposta e fa il centrocampista aggiunto alloccorrenza, mentre Meggiorini gioca alle spalle di Barreto.
È comunque la Roma a dettare i ritmi, lenti, per adattare la partita alle sue caratteristiche. Sembra quasi voglia far trascorrere il tempo la squadra di Garcia, col palleggio infinito in orizzontale e la difesa sempre «bassa» e coperta quando la palla ce lha il Torino. Il primo segno di vita tra i 22 in campo lo dà El Kaddouri con un bel destro da fuori, la risposta romanista è di Florenzi al volo su assist di Pjanic. Ci pensa Strootman a finalizzare il secondo «bocconcino» del bosniaco, imbeccato da Balzaretti: la Roma è avanti al 28, quasi senza sforzo.
Il Torino è tanto Cerci e poco altro. Ma quanto basta per impensierire i giallorossi nelle ripartenze: Balzaretti fatica in copertura, Burdisso non è Castan e «buca» un paio di interventi, De Sanctis deve impegnarsi molto più del solito. Senza un grande portiere, daltronde, non si va lontani.
Nella ripresa Ventura chiede ai suoi di alzare il ritmo, a costo di scoprirsi un po. Finalmente è una partita, anche se Garcia preferiva il contrario. Serve un super De Sanctis per conservare il vantaggio giallorosso sul tiro al volo di Meggiorini.
Immobile è la prima carta pescata dal mazzo granata, la Roma è troppo passiva, come se si fosse rassegnata a prendere un gol che infatti arriva. Benatia è fatto fuori da Meggiorini con la collaborazione di Banti, mentre Cerci deve ringraziare la dormita di Balzaretti se potrà raccontare ai nipoti di aver segnato a questa Roma. La legge dellex si abbatte su De Sanctis dopo 743 di imbattibilità. Applausi, comunque.
A quel punto Garcia tira fuori Borriello, mai in partita e sempre a terra, e butta dentro Ljajic. È una Roma più convinta, che va vicina al nuovo sorpasso, ma perde Benatia. Il tecnico vuole vincerla e ha il coraggio di inserire Marquinho, con De Rossi a scalare in difesa.
A quel punto il nemico più grande diventa Banti. I rigori non arrivano, le occasioni continuano a fioccare. Il Torino non sa come ma resiste e alla fine quasi non si capacita di essere la prima squadra ad aver fermato la Roma. Domenica allOlimpico di casa arriva il Sassuolo. Per ripartire.