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Da Totti a Reja. Scacco al derby in tre mosse

14/10/2011 alle 10:54.

GASPORT (M. CALABRESI) - Per un'ora, mezza Roma si è fermata. Non siamo ai livelli di uno sciopero degli autobus che blocca il traffico o di un corteo in pieno centro: semplicemente una questione di antenne. Quelle di migliaia di persone studenti, lavoratori, donne, anziani, tutte puntate su Trigoria e sullo show di Francesco Totti: troppo ghiotta e rara l'occasione per lasciarsela scappare. Mentre Totti parlava, ecco l'altra notizia tanto attesa: domenica all'Olimpico ci sarà Paolo Tagliavento, il parrucchiere di Terni.

Nervi saldi E invece va così, con l'aquila che resterà legata a Formello e Reja che arriverà all'Olimpico con un macigno non indifferente sulle spalle che, in caso di quinta sconfitta su cinque, potrebbe portare conseguenze catastrofiche. «Ma non dovrà farsi condizionare da quello che è già successo», dicono i colleghi. «È una persona troppo esperta per farsi influenzare da quello che avrà intorno», sentenzia Carlo Mazzone, uno che i derby «ne ha vinti e ne ha persi» ed è quasi della stessa generazione di Reja ha otto anni in più.

Cuore laziale Angelo Gregucci, che pur girando le panchine di mezza Italia, conserva radici lazialissime, è quello più perentorio: «Non credo che , e dopo di lui Rocchi, abbiano detto nulla di interessante. Conoscendo l'ambiente di Roma, poi, quelle battute poteva risparmiarsele. Domenica aspetteremo la Roma, e le renderemo la vita sportiva difficile per 90 minuti». Lo dice in maniera cadenzata e in prima persona, tanto per far capire che quelle radici sono ancora ben piantate nel terreno.

Zero logica Più che a una partita a scacchi, il derby assomiglia a una partita a rubamazzo. Dal manuale delle frasi che si sentono da quando esiste il calcio: «Il derby si vince con gli episodi: spesso, tutto quello che si prepara in settimana, in campo quasi si dimentica». Se per Marco Delvecchio, uno che se ne intende, «gli attacchi saranno decisivi», per Bruno Giordano, la chiave è «puntare gli esterni bassi della Roma, perché è lì che la squadra è più vulnerabile». E le armi nelle mani di Luis Enrique? «Anche se le sapessi, non le direi». È derby anche questo.