Ore 12, Boston, la Roma in tv

17/04/2011 alle 14:52.

IL ROMANISTA (D. GALLI) - La quiete dopo la tempesta. Il giorno dopo la firma con la quale la Roma è passata nelle mani degli americani, Boston sembra una città più tranquilla. Sarà perché è sabato, sarà perché tra i giornalisti italiani al seguito di DiBenedetto sono venuti meno la frenesia e l’attesa per la conclusione della trattativa, ma i ritmi si sono abbassati. Quiete sì, ma neanche poi tanto, perché manca poco a Roma-Palermo, il cui calcio di inizio qui sulla costa Est degli Stati Uniti è alle 12. Di questa sfida, DiBenedetto si può al massimo vedere qualche istante perché è atteso da un volo per la Florida. Meglio, visto come andrà a finire il match... Meglio che non abbia visto quell’erroraccio di Vucinic, il giocatore che lo aveva stregato a inizio stagione contro l’Inter.

A metà della strada ecco il Caffè dello Sport. Giusto il tempo di trovare posto e la partita inizia. A vederla ci saranno una cinquantina di persone. I giornalisti, certo, ma anche dei turisti e, soprattutto tanti italo americani. Gente del quartiere che vive quotidianamente il bar. Si conoscono tutti, e due di loro si punzecchiano per tutti i novanta minuti. Il primo dei due, seduto nelle prime file, è vestito con una tuta della Roma e quindi non si fa fatica a capire per chi faccia il tifo. L’altro sta in piedi qualche metro più indietro e tiene per il Palermo. La Roma va in vantaggio e nel bar esplode la gioia, anche se un po’ contenuta. Perché manca ancora tanto, troppo. A fine primo tempo ecco il rigore per i siciliani. Un’assurdità, un errore clamoroso. Eppure il tifoso del Palermo comincia a dire: «È netto, è netto». Poi arriva il replay e lui: «Vabbè, c’avete ragione, non c’era niente». E tutti a ridere nonostante la rabbia per il torto subito.

Lasciamo per un attimo i due tifosi italo americani che si trovano sul lato del locale, perché l’attenzione va all’angolo alla estrema sinistra. Seminascosti ci sono due anziani che giocano a carte e alternano parole in italiano e altre in inglese: «E damme chista carta qua». Ci spiegano che si tratta di Salvatore, che vive a Boston da 60 anni e di Angelo che è il proprietario del bar ed è di Bergamo. Accanto a loro ci sono un ragazzo e una ragazza. Sono Alessandro e Martina, lui della Magliana, lei della Romanina, sono cugini e sono in vacanza negli States da una decina di giorni. Prima sono stati a New York e ora sono qui, un po’ infreddoliti. Soprattutto Martina che soffre la giornata ventosa e che comunque ha voluto accompagnare Alessandro, tifosissimo della Roma, a vedere la partita. Durante l’intervallo c’è tempo per mangiarsi un panino, in fin dei conti è quasi ora di pranzo.

La cameriera porta i menù. E i sandwich hanno i nomi di giocatori di calcio. C’è il Maldini, c’è il Vieri e pure l’Inzaghi. Ma soprattutto ci sono i panini romanisti. Il , che ha dentro le polpette, il Pannucci (con due enne), c’è il Perotta (con una erre) che dentro ha carciofi, gorgonzola, pomodoro e basilico. E ovviamente c’è il (con il tacchino) che ovviamente è il più gettonato. Sul secondo tempo e sulle parolacce lanciate verso il televisore dai presenti è meglio soprassedere. Più interessante è scoprire chi erano i due italo-americani rivali per un giorno. Sì solo per un giorno. Perché in realtà si conoscono, sono amici. Il romanista si chiama Marco Giorgini è originario di Cinecittà e vive a Boston da 20 anni. È partito dall’Italia quando ne aveva 28 e ora lavora per il comune di Boston come ufficiale giudiziario. L’altro è Sergio, 62 anni ma ne dimostra almeno 15 in meno. È un grande personaggio, nel quartiere lo conoscono tutti. È arrivato qui da Enna nel 1971, e ci tiene a precisare: «Il 18 giugno del ’71, tra poco faccio 40 anni qui». Ci spiega che per raccontare la sua vita ci vorrebbe una settimana: «Ho fatto cose buone e altre meno. Me sempre senza malizia. Io sono uno che se viene maltrattato un animale accorre subito a difenderlo. Quando c’è da difendere qualcuno io ci sono sempre». Sergio spiega come il quartiere sia tanto cambiato rispetto a 30 anni fa. Per lui in peggio. Ma in realtà, per chi come noi capita lì per la prima volta, non è affatto male. Si sente ancora forte il legame con le origini. E da venerdì notte, con la Roma che è passata nelle mani dei bostoniani, questo legame e orgoglio di essere italiani è ancora più forte.