Compie 20 anni oggi Bryan Reynolds, arrivato nel mercato invernale alla Roma. Il terzino americano si è raccontato, mentre gioca a ping pong, in un'intervista pubblicata sul canale Youtube del club giallorosso. "Generalmente mi siedo dove c'è meno gente - in riferimento alla sala video a Trigoria -, con Claudio l'interprete visto che ancora capisco poco l'italiano. Ho imparato la parola 'qui', si usa quando un giocatore deve portare pressione. 'Vai', quando devi andare verso una zona specifica del campo. 'Pressione', ho imparato delle parole legato al campo. Sono queste le parole importanti".
Giochi spesso a ping pong a casa?
"Con il mio migliore amico Thomas Roberts, che gioca nell'FC Dallas, il vecchio club, in passato c'è stato un periodo in cui andavamo sempre nel suo garage e giocavamo tutto il giorno a ping pong. L'abbiamo fatto per moltissimo tempo, siamo migliori amici da una vita".
Come ti stai trovando in Italia?
"Quando sono venuto a sapere dell'interesse della Roma e quando ho saputo che sarei venuto in Europa, pensavo sarebbe stato molto difficile ambientarsi. Sono giovane e sarei andato a vivere da solo dall'altra parte del mondo. Pensavo sarebbe stata dura lontano dagli amici, ma sinceramente credo che non sarebbe potuto andare meglio di così. I miei compagni di squadra, tutti mi hanno accolto benissimo. C'è una persona che mi accompagna in giro per la città, come quando ho dovuto farmi mettere il wi-fi. E cose di questo tipo. Non è semplice perché molte persone qui non parlano inglese. Quindi è un po' difficile. Ma dal punto di vista calcistico, dello stile di vita non potrei chiedere di più".
Hai detto che vivi da solo. È stata una tua decisione, quella di non far venire qui la tua famiglia?
"I miei genitori lavorano ancora negli Stati Uniti e al momento gli americani non possono venire qui in Italia. Per questo nessuno è ancora venuto a trovarmi. Ma sono abituato a stare solo, quindi va bene così".
E per quanto riguarda il lato calcistico? È stato qualcosa di diverso per te? Com'è andato il primo allenamento? Eri agitato quando camminavi per andare al campo?
"Il primo allenamento l'ho fatto al Campo 'C'. Il primo giorno ho visto Dzeko, Mkhitaryan, Pedro e pensavo: 'Wow, mi alleno davvero con questi giocatori adesso! Sono miei compagni di squadra'. Non mi comportavo come se fossi un fan ovviamente, cercavo di comportarmi normalmente. Al primo allenamento abbiamo fatto degli esercizi, un torello e ho pensato: 'Wow, qui il livello è altissimo!'. Ero molto contento di essere qui, di avere questa possibilità".
Prima di firmare eri all'Olimpico, in tribuna, per una partita. Hai potuto incontrare un po' di giocatori. Dev'essere stato bello.
"Quando sono arrivato lì ero con Stephan (El Shaarawy, ndr) e abbiamo parlato un po' prima della partita, era il giorno in cui sono arrivato a Roma. Poi è arrivato Edin (Dzeko, ndr), mi ha dato un colpetto sulla spalla. Mi sono girato e ho visto Edin, ho pensato 'O mio Dio!'. Non pensavo mi conoscesse. Mi ha dato il benvenuto, ha detto che era felice che fossi lì e che non vedeva l'ora di lavorare insieme. Sentire queste cose da un giocatore che gioca ad alti livelli da così tanto tempo è stato un sogno che si avverava per me".
È stato strano...
"All'inizio sono stato un po' travolto da questa cosa, ma ora ci sono abituato".
Quanto ci è voluto ad abituarti?
"Ci sono volute due-tre settimane. Non capita tutti i giorni di vedere Mkhitaryan, Pedro e giocatori di questo calibro. Ora li vedo tutti i giorni e ovviamente li considero tuttora degli esempi per me. Ma sono i miei compagni di squadra adesso".
Si dice 'football' o 'soccer'?
"Football. Negli Stati Uniti si chiama 'soccer', ma nel resto del mondo il calcio si chiama 'football'".
Com'è stato l'esordio con il Parma?
"Ho pensato che avrei potuto esordire, visto che ero stato convocato. Ma poi eravamo in svantaggio, quindi non ero convinto che sarei sceso in campo. Ma alla fine sono entrato. All'intervallo mi era stato detto di andare in campo e iniziare a scaldarmi. Lì ho pensato che avrei potuto davvero entrare, ho pensato che sarebbe potuto arrivare il mio momento. Poi è arrivato, ho sentito chiamare il mio nome e ho pensato: 'Appena un anno e mezzo fa giocavo nelle serie inferiori americane'. E ora stavo per esordire in Serie A. Quando sono entrato ero un po' agitato, ma ero contento di esordire e crescere con le prestazioni, di poter continuare ad allenarmi ogni giorno per crescere e migliorare".
Dopo quanto hai parlato con i tuoi genitori?
"La partita era nel pomeriggio e tutti a casa si sono svegliati per guardarla. Subito dopo la partita mi hanno detto che erano felici per me. Avevamo perso la partita, quindi ero dispiaciuto. Mi mi sono comunque goduto il momento".
Nelle decisioni sul tuo futuro quanto è coinvolta la tua famiglia?
"Mio padre ha giocato nelle nazionali giovanili ma poi si è infortunato e purtroppo ha dovuto smettere. E a quanto pare era un ottimo giocatore. Bisogna stare attenti, l'infortunio è sempre un'eventualità. Per questo sono anche andato a scuola. Mio padre è stato il mio allenatore fino all'età di 11 anni. Mi ha insegnato i fondamentali del gioco. Gli sono grato per come mi ha fatto crescere. Poi sono andato all'FC Dallas e successivamente ho dovuto fare un ulteriore passo avanti. I miei genitori hanno fatto molti sacrifici per me. Ogni giorno guidavano per 45-50 minuti per portarmi all'allenamento. Ho fatto dei passi avanti nell'academy e quindi ci siamo trasferiti più vicino. E poi ancora più vicino. Adesso mia madre vive a 10 minuti da San Francisco e mio padre vive a Fort Worth. Mio fratello Ty gioca nel mio stesso ruolo. Inizialmente giocava in un altro ruolo. Io mi stavo facendo un nome come terzino destro e anche lui ha iniziato a giocare in quel ruolo. Ma non voglio che faccia tutte le cose che faccio io. Se non vuole giocare terzino destro...è un giocatore tecnico e un buon terzino destro, ma era bravo quando giocava a centrocampo oppure come esterno offensivo. Voglio che giochi dove si sente a suo agio. Quando hai 15 anni è difficile. È ovvio che voglia fare meglio del fratello. Voglio che abbia sempre la mentalità giusta. È sulla strada giusta, è nell'academy, gioca".
Cosa pensa tuo fratello di tutto quello che ti è successo nell'ultimo anno?
"Non riesce ancora a credere che io ora giochi in un club così importante. Dopo il mio esordio con il Parma, mi ha detto che sapeva che ero agitato. Mi prendeva in giro, mi provocava. Quando ho esordito con la Nazionale mi ha mandato un messaggio dicendomi che era riuscito solo a guardare un pezzo della partita. Comunque, cerca sempre di rimanere aggiornato. Gli voglio bene, è una persona molto divertente".
Che esperienza è stata l'esordio con la Nazionale?
"Ovviamente non sono partito titolare. Poi all'intervallo, è stata una situazione simile a quella del mio esordio con la Roma, mi sono scaldato e c'era la possibilità di entrare. Io ero pronto. Siamo rientrati nello spogliatoio e abbiamo ascoltato il discorso dell'allenatore. Il preparatore mi ha detto di rallentare il riscaldamento, che andava bene così. E poi, a due minuti dall'inizio del secondo tempo, mi ha detto che sarei entrato. Mi sono messo la divisa, i parastinchi e sono entrato. Avevo sempre guardato la Nazionale quando ero piccolo e anche quando giocavo in MLS. Esordire con la Nazionale è un traguardo importantissimo per me".
"Purtroppo negli Stati Uniti il calcio non è seguito come qua. Potrei essere in tribuna, nel mio stadio, se non fossi convocato per la partita, e le persone non mi riconoscerebbero lo stesso. È assurdo - ha continuato -. Sei allo stadio per guardare la partita e non conosci nemmeno i giocatori! Poi arrivo qui e appena esco dall'aeroporto, ci sono 40-50 persone con le telecamere e che urlano il mio nome. Mi sono detto che non poteva essere vero. Mi sono detto: 'Qui è tutto diverso'. Mi era stato detto che ci sarebbero state delle persone, ho pensato che ce ne sarebbero state 4-5, e invece ce n'erano tantissime che facevano foto. Sono rimasto sopraffatto, poi sono andato in macchina e ho detto a chi era con me che era una cosa assurda. Ma so quanto appassionati siano i tifosi della Roma. Mi piace molto questo aspetto".
"La persona che mi accompagna in giro per Roma, mi ha mostrato un video della tifoseria dei derby con la Lazio - ha aggiunto sul tifo giallorosso -. E quando sono stato convocato per la prima volta, Chris Smalling e Davide Santon mi hanno detto che era un peccato che non ci fosse il pubblico, perché ogni volta che entri in campo, alzi lo sguardo e vedi qualcosa di pazzesco. Non vedo l'ora di vederlo".
Qual è il tuo obiettivo per la prossima stagione?
"Passare dalla MLC alla Serie A è ovviamente un grande salto. Chiaramente voglio giocare, ma voglio anche farmi trovare pronto. Non voglio essere gettato nella mischia e farmi trovare impreparato. Lavoro duramente ogni giorno. E già dalla prossima preparazione voglio spingere il più possibile".