LAROMA24.IT - Talenti cercasi. Il cartello, appeso al collo di una Serie A dal volto sempre più smunto, col passare del tempo e delle stagioni prende le forme dell'implorazione. Non una caccia forsennata al nuovo campione
PERCORSI - Lamela e Gomez partono dalla stessa casella, Buenos Aires, anche se la storia calcistica del secondo comincia a Sarandì, provincia della capitale argentina, nell'Arsenal. Più spianata, invece, la strada dell'attuale giallorosso che, già da bambino, si racconta possedesse una sensibilità di tocco da far sciogliere il cuoio. Inevitabile che il River Plate lo metta sotto contratto, proteggendolo finché possibile, ovvero fino al punto più basso dei Millonarios, giunto con la retrocessione in Primera B. Impossibile, a quel punto, trattenere il mancino di Lamela che già raggiungeva le migliaia di visite sui video dedicatigli. Ci arrivò per primo Sabatini, investendo soldi e credibilità, come ha dichiarato il direttore sportivo romanista nella sua dialettica tutt'altro che minimale.
A 19 anni, dunque, l'enfant prodige che da bambino non accettò la proposta del Barcellona, approdava in Europa e in 7' (sette) aveva già fatto crollare l'Olimpico, illustrando con un sinistro intriso d'effetto le conoscenze del suo piede preferito. Meno irruente, invece, fu l'avvio di Gomez, prelevato da un altro fine conoscitore del calcio sudamericano, Lo Monaco, mente e braccio del Catania fino alla scorsa stagione. Un ingresso in squadra graduale, suggellato ad ottobre col primo gol in Italia, segnato al Napoli. Al termine del loro anno di debutto, comunque, i tabellini di Gomez e Lamela suonano melodie simili: l'ex San Lorenzo sommò 36 presenze in campionato con 4 reti, stesso bottino del collega arrivato dal River Plate che però lo ha ricavato da 31 apparizioni, per via di un infortunio che ne impedì la disponibilità per un paio di mesi. Punteggi simili ma non paragonabili: il giallorosso, infatti, è sbarcato nella capitale nel campionato più disgraziato della storia recente romanista e con 3 anni d'anticipo rispetto al rossoazzurro che già contava cinque stagioni tra i grandi.
SPECCHIO - Sia Erik che Alejandro rappresentano quella élite calcistica da sempre attenta al gusto dello spettatore, che miscela giocate 'politicamente corrette' ad altre che abbracciano l'edonismo. I reparti di competenza, tuttavia, sono opposti, così come la tecnica di lavoro. L'out sinistro per Gomez, quello destro per Lamela, fedeli al convincimento che rientrando sul piede forte possano vantare più soluzioni, che il 24enne aziona in un calcio più grezzo rispetto al collega, fatto di spazi brevi e sterzate continue; contrariamente al fantasista classe '92, che grazie anche ad un fisico più longilineo è in grado di sprigionare un calcio che sembra avere discendenze nobili. A guardarsi intorno, però, nella stagione in partenza, si sentiranno ancora più soli.
Mirko Bussi