Post Match - I rischi della transizione

31/01/2024 alle 12:54.
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LAROMA24.IT (MIRKO BUSSI) - Cambiare percorsi porta a scoprire nuovi orizzonti ma anche, inevitabilmente, ad affrontare altri imprevisti. Quelli che sono esplosi, fortunatamente senza perdite dolorose, tra le mani della Roma a Salerno. Sono i rischi del cambiamento, che nel calcio prende il nome di transizione. E la gestione di quei momenti di massimo caos, spesso, segnano le differenze tra le squadre di successo e le altre.

Per questo, nell'era moderna, per molte squadre la costruzione è diventato lo strumento tramite cui sfogare manie di controllo, riducendo finché possibile le variabili impazzite che sono piazzate, silenti, nel sottosuolo di un campo da calcio. Mescolare l'avversario con regolarità per poterlo montare a piacimento, allora. Ma quando questo non accade, per reazione chimica, la partita impazzisce. Un po' come accaduto lunedì, con la Salernitana che ha finito per calciare 15 volte, ben più della Roma, con un numero così elevato di conclusioni che Rui Patricio si era trovato a fronteggiare solo contro avversari di alto cabotaggio, come contro (19) e Milan (17).

Rispetto alla prima volta, contro il Verona, la Roma ha alzato ancor di più le proprie ambizioni di costruzione passando dal 3+2 che si era visto all'Olimpico a un più frequente 2+2, con Cristante-Bove accoppiati davanti a Llorente e Mancini a guidare le operazioni di uscita dal basso. Con la Salernitana che si sedeva ad altezza media nel campo per poi, però, andare a guastare il primo possesso romanista con pressioni che hanno progressivamente grattato le certezze che la Roma sta cercando di costruirsi.

Da subito la trama della partita è stata chiara, con la squadra di Inzaghi che aspettava che il pallone si surriscaldasse tra i piedi romanisti per poi gelare con agghiaccianti transizioni. L'unico modo per tenere la temperatura della partita sotto controllo, per una squadra con ambizioni di costruzione, era quello di manipolare la struttura avversaria, come accade ad esempio nel pallone più succoso che Lukaku riceverà per l'intera partita, quello al 17'. Da lì in poi, la costruzione si farà labirinto, finendo per obbligare la Roma a continue transizioni dolorose. Un dato che aiuta a capire come la squadra di abbia faticato ad uscire dalle sabbie mobili: 120 i palloni toccati da Llorente, appena un terzo quelli in dote a Dybala (40) in 71 minuti.

 

Così, dalla mezz'ora in poi, gli spettri hanno preso consistenza tra difficoltà a rompere la prima pressione avversaria che poi venivano acuite dall'imbarazzo, congenito, che possono avere giocatori come Llorente o Cristante a gestire in campo aperto motorizzazioni abbondanti in condizioni di parità numerica. Succede palesemente al 32', sull'errore del difensore spagnolo, ma era già successo un paio di minuti prima quando la tenera riaggressione abbozzata da Bove, Karsdorp e Mancini obbligherà a una precipitosa corsa all'indietro. Qui, anche se ricomposta in basso, la Roma si mostrerà facilmente perforabile per effetto di pressioni interpretate troppo individualmente, come la stagione ha già denunciato abbondantemente nella sua prima parte.

 

Dimmi come attacchi e ti dirò come difendere. Lo stretto legame tra le fasi del calcio, sempre più trasparente nei suoi confini, obbliga dunque la Roma a dover incrementare i propri fatturati di costruzione per poter contenere i costi difensivi. Ma una partita si muove simultaneamente su più piani, così il principio di autoconservazione ha portato la Roma a tentare strade più sbrigative in seguito ai due allarmi analizzati sopra. Al 33', infatti, con la squadra aperta per favorire la costruzione, Mancini cerca di rivolgersi direttamente a Lukaku. Gli effetti, se possibile, sono ancora peggiori: contendere la successiva seconda palla, infatti, risulterà ancora più complesso vista la disposizione della squadra, con la conseguente difficoltà a riaggredire immediatamente e l'effetto di doversi sottoporre ad una nuova, lunga, transizione difensiva in 4 contro 4.

È qui, forse, la sfida più complessa che attende : guadagnare tempo, quello che offrono solo i risultati. E quello che serve a compiere percorsi verso nuovi orizzonti.