LR24 (MIRKO BUSSI) - "O dominiamo il gioco o l'altra squadra dominerà noi". "Dovremo essere bravi a fare un buon possesso palla perché loro si difendono molto bene di squadra". "E' chiaro che se ti chiami (nome della squadra omesso perché non necessario ai fini del discorso, nda), hai l'obbligo di dominare il possesso in qualsiasi momento della gara". "Volevamo vincere, cerchiamo sempre di dominare". "Ho scelto la (nome escluso per gli stessi motivi di sopra) per divertire e dominare le partite".
Sono solo alcune delle dichiarazioni raccolte rapidamente grazie alle pronte risposte del motore di ricerca quando gli si domanda: "Dominare partita allenatore Serie A". La curiosità è che, a pronunciarle, sono tutti allenatori italiani. Come quelli che d'altronde guidano 6 delle prime 7 squadre nella classifica di A. L'unico straniero, si fa per dire, è il più italiano di tutti in fondo. José Mourinho ha un'altra strada. Discutibile, naturalmente, in base a gusti o credenze personali. Perché rimproverare a Mourinho di aver raccolto appena il 39% di possesso palla, per quello che vale ormai, davanti al Bologna è un po' come avercela con De Sica e Boldi per qualche dialogo troppo spinto. Il problema, semmai, sarà non avere il moto di una risata durante l'ora e mezza. Perché incassi da record, nel cinema come nel calcio e forse in tutte le arti, si sono raggiunti nei modi più disparati. Basta che funzioni. Ed è far funzionare qualcosa, specialmente a lungo, l'impresa.
Così, stabilito che Mourinho abbia asfaltato la propria lunga e fortunata strada principalmente di trappole difensive in cui impigliare l'avversario per poi stenderlo quando in precario equilibrio, saranno gli strumenti utilizzati in questa direzione, e la loro efficacia, a meritare analisi e attenzione.
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Il ritorno in campo ha mostrato un lavoro di revisione sulle pressioni: il tasso di aggressività mostrato nelle uscite offensive da #ElShaarawy/#Celik sui terzini avversari è stato un fattore risolutivo per le riconquiste medio/alte del 1T.
Esempi: pic.twitter.com/owWilW0mr5— Mirko Bussi (@MirkoBussi) January 6, 2023
E in una squadra che sceglie di vivere senza la spasmodica ricerca del pallone, risolvere il dilemma delle pressioni, quindi di come ci si comporta per recuperarlo, appare ben più importante rispetto alla (vana) richiesta di complesse rotazioni o leggi di costruzione che non hanno mai sfiorato lo stratega in questione.
A lungo, fino ad essere confessata dai protagonisti, la Roma ha cercato di mostrarsi più aggressiva nelle riconquiste. 52 giorni di pausa non hanno trasformato la squadra di Mourinho in una luna park offensivo ma sono serviti a spingere i cani da guardia fin dentro la dimora avversaria. Roma-Bologna inizia con l'intenzione di mordere, da subito, i cavi della costruzione di Thiago Motta con Dybala e Zaniolo che controllavano i rispettivi centrali, Pellegrini chiamato a lavorare sul play di riferimento, Medel, e, novità dell'anno, Celik ed El Shaarawy pronti ad esplodere verticalmente per far detonare il pressing quando il Bologna si rivolgeva ai propri terzini.
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Quando Skorupski tenta di saltare una linea per annullare la prima pressione romanista, Ibanez dà seguito al piano tenendo Orsolini fino a 35mt ca dalla porta avversaria: questo favorisce il recupero di Cristante che intanto ha lasciato il riferimento. pic.twitter.com/kADm87EutA— Mirko Bussi (@MirkoBussi) January 6, 2023
Le trappole seminate per il campo offrono la preda a tiro dopo neanche 4 giri di orologio: quando Skorupski tenta di saltare una linea in costruzione, trovandosi un 4 contro 4 davanti per l'opposizione "one to one" dei giallorossi, per raggiungere Orsolini che nel frattempo si era abbassato, si nota il tessuto collettivo della pressione. Qui, infatti, c'è Ibanez a continuare a tenere la scia del 7 del Bologna, costretto così a compilare la propria giocata con il fiato addosso del romanista. Risultato: Cristante, come Celik, quelli in pressione sul lato divenuto debole, hanno abbandonato il proprio riferimento per posizionarsi diagonalmente al pallone, guadagnando così il possesso. Perché l'orientamento sull'uomo vale fino ad un certo punto, poi serve ostruire le principali vie d'accesso alla porta.
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Pellegrini vince il seguente duello aereo apparecchiando la transizione letale: 2v2 con Zaniolo e Dybala abili a riconoscere i rispettivi compiti nella situazione, uno nel rifinire, l'altro nell'aggredire la profondità.
Di questo vive l'#ASRoma. pic.twitter.com/ZHSkhQBxOP— Mirko Bussi (@MirkoBussi) January 6, 2023
Il possesso viene definitivamente consolidato col duello aereo vinto da Pellegrini che accende definitivamente la transizione positiva. Risolta in un lampo da Zaniolo e Dybala, in 2 contro 2 con i centrali avversari. L'argentino, in particolar modo, riconoscere rapidamente il proprio ruolo nella situazione, pescando al di fuori del proprio spartito più canonico con un attacco della profondità timbrato alla perfezione dalla rifinitura di Zaniolo. Notare il tempo, strumento necessario per l'efficacia di una transizione positiva: dal primo tocco di un romanista, Cristante, a quello di Dybala, prima del tamponamento da rigore, trascorrono poco più di 4 secondi, in cui la Roma ha mangiato verticalmente circa 40 metri di campo. 10 metri al secondo, come viaggiasse a 36 chilometri orari.
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Il voltaggio e l'altezza delle pressioni è progressivamente calato durante la partita, non è dato sapere se per strategia prestabilita o risparmio energetico, che sia fisico e/o mentale.
Perché pressare ha un peso psicologico, prima che muscolare.— Mirko Bussi (@MirkoBussi) January 6, 2023
Ma non è stata sempre così Roma-Bologna, anzi. Col passare del tempo le pressioni romanista si sono ridotte, riducendosi in veemenza e metratura nel campo con l'inevitabile effetto di comprimersi verso il basso. Chissà se per strategia di scuderia o per i costi energetici, intesi come fisici e, specialmente, mentali, a cui obbligano pressing e pressioni. Per un'alimentazione sana e benefici a lungo termine, allora, viene da pensare che la Roma dovrà riuscire a procacciarsi maggiori momenti di transizione durante le partite e, per farlo, dovrà avere un sistema di pressioni sempre più sofisticato. Perché il riferimento sull'avversario rischia di perdere l'orientamento di fronte a costruzioni maggiormente fluide, come quelle che hanno fatto le fortune recenti del Milan. Ma si può prendere l'anima di una partita anche senza averne il pallone, a patto di sapere come arrangiarsi senza. Nessuno, in fondo, lo sa da più tempo di Mourinho.