La Roma non è niente di più del calcio triste di una squadra smorta: l'eccezione sono state le tre partite precedenti, almeno vigorose o forse solamente facili, non questa resa imbelle ai propri limiti, prima di tutto. La battaglia di Marassi, lo stadio più ribollente d'Italia, non era adatta a una truppa imbolsita dalla banalità e infine travolta dagli slanci passionali del Genoa, che ha un livello tecnico enormemente inferiore, che nel giro di mezz'ora ha perso per infortunio gli unici due centrocampisti d'esperienza e qu-lità, Badelj e Strootman. (...) Dybala? Cammina, anzi ciondola. Lukaku? È ancora lì, aspetta un pallone decente. Pellegrini? Carta velina. Gudmundsson e Retegui hanno invece fatto ammattire la frastornata difesa romanista e segnato i loro gol dopo che i giallorossi (Spinazzola e Dybala, nella fattispecie) avevano perso comodi palloni in fase di impostazione. La terza rete l'ha fatta Thorsby sugli sviluppi di un corner che era stata l'unica sortita genoana dalla trincea. La quarta Messias, al debutto, dopo un contropiede di Frendrup quando oramai tutto era deciso e Mourinho non aveva fatto altro che aggiungere punte, additivo inutile per questa squadra senza tensione che ha fatto bene una cosa sola (il gol, molto bello, con il cross di Spinazzola e l'inserimento aereo di Cristante) e pessimamente tutto il resto: con il 71% di possesso ha prodotto appena tre tiri in porta senza sale. (...)
(La Repubblica)