TUTTOSPORT - Max Biaggi, ex pilota motociclistico nonché noto tifoso romanista, ha rilasciato un'intervista al quotidiano torinese, soffermandosi sulla finale di Europa League che i giallorossi giocheranno domani alle ore 21 alla Puskas Arena di Budapest contro il Siviglia. Queste le sue parole:
Buongiorno, Max Biaggi. Lei è romanista doc, ha preso impegni per domani sera oppure avrà occhi e testa solo per la finale Roma-Siviglia?
«L’Uefa mi ha invitato a Budapest, ma tra mille viaggi non ce la faccio a incastrare le date. Per cui al 99,9% sceglierò il rito scaramantico seguendo le tradizioni: da solo a casa mia a Montecarlo. In questo casi preferisco vedermelo in solitudine l'avvenimento perché non ci sono distrazioni e mi posso concentrare meglio, focus massimo. Chissà che adrenalina! Spero che diventi una data da ricordare: cena a casa "organizzata" e poi tv».
Se l'aspettava questa finale o è sorpreso?
«Un po' me l'aspettavo, ma averla centrata fa comunque effetto».
Quanto conta la mano di Mourinho in questa Roma?
«Chi tira il carretto è determinante. Rosa e budget a parte, chi si assume la responsabilità in campo è l'allenatore per cui Mourinho ha un peso davvero importante».
Secondo lei qual è la miglior qualità del tecnico portoghese?
«Il fatto di essere un trascinatore e questo va oltre la sua capacità tecnica. Nonostante non sia un giovanotto, il suo calcio regala sempre frutti di qualità».
C'è un giocatore giallorosso che riesce ad accenderla e se perché?
«Ah. Diciamo che la rosa si è un po’ opacizzata rispetto al passato quando c'erano Totti e De Rossi: quelli erano fanali potentissimi, catalizzavano di tutto e di più anche perché romani, oltre che fortissimi. Ora direi Dybala ma non è italiano, non è romano e quindi l'appeal non è lo stesso».
Quanto manca in campo un giocatore come Totti alla Roma? E lo vorrebbe come dirigente?
«Manca? Per forza! Anche negli ultimi anni bastava che accarezzasse la palla per imbeccare il giovane e metterlo davanti alla porta. Quante volte Spalletti negli ultimi due anni lo utilizzava in quel modo nel finale. Nella dirigenza sarebbe un valore aggiunto ma dandogli la collocazione che merita. Se non ti danno il ruolo giusto in cui esprimerti allora diventerebbe qualcosa che non serve».
Prima di diventare un campione di moto, Biaggi ha giocato parecchio a calcio. In quale ruolo e chi era il suo idolo?
«lo giocavo mezzala destra perché ero abbastanza veloce e, quando potevo, provavo ad andare in porto. Quando ero piccolo il mio idolo era Zico, un fuoriclasse assoluto. Poi mi sono appassionato a Falcao, con la sua maglia numero cinque. E poi Aldair. Io, crescendo, compresi che sapevo giocare ma non sarei diventato un campione».
Si è sfiorata la finale tutta italiana Roma-Juventus: l'avrebbe preferita?
«No, forse meglio così, magari qualche tifoso in più per noi salta fuori. La sfida con la Juventus avrebbe diviso l'Italia in due. Ora in teoria la gran parte degli italiani dovrebbe sperare in una nostra vittoria. Meglio la Roma che una squadra spagnola».
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Quest'anno la classifica della Serie A si è allungata e accorciata in base alla giustizia sportiva Che idea si è fatto di questa vicenda?
«È una giustizia senza fine tra appelli, ricorsi e quant'altro. Per chi ama lo sport le questioni legali inquinano la fede e la passione dei tifosi. Queste problematiche disturbano anche lo sviluppo del campionato, i giocatori e gli allenatori vedono il loro lavoro falsato e i cambiamenti a tavolino incidono sul rendimento in campo che si può offrire».
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