La sosta della Serie A ha infiammato una partita che rischia di spaccare, in via definitiva, la Lega del calcio italiano. La domenica senza campionato è stata agitata da una lettera. Firmata da tutte e 20 le società del campionato, ma espressione di una parte soltanto di questi, che vuole la rottura con la Federcalcio.
Tutto è nato giovedì scorso, quando l’assemblea di Lega ha deliberato all’unanimità di scrivere una lettera per chiedere chiarimenti alla sottosegretario allo Sport Valentina Vezzali sulla necessità di adeguare la Lega ai principi informatori voluti dal Coni e rilanciati dalla Federcalcio. Questi principi prescrivono di introdurre la maggioranza semplice per nomine e votazioni in assemblea.
Da qui, la delega a redigere e “circolarizzare” una lettera, affidata ai legali di quattro squadre: Udinese, Sampdoria, Inter e Verona. Alle 21 di sabato, la segreteria della Lega aveva in mano il documento scritto dai legali. Un testo decisamente affilato, che accusava la Federcalcio di “interferire nelle scelte che attengono all’associazione, imponendo quorum costitutivi, tanto più con riferimento alla ripartizione dei proventi economici”. Luigi De Siervo, ad della Lega, ha dato il mandato alla segreteria per l'invio della lettera, non firmata dal presidente Dal Pino ma con i nomi dei 20 club.
Nella mattinata di ieri almeno 7 club si sono esposti, dicendosi contrari alla scelta di inviare la lettera senza che fosse stata visionata: Bologna, Cagliari, Milan, Roma, Sassuolo, Spezia e Venezia. Non volevano che fosse trasmesso un testo espressione solo dell’ala più critica nei confronti della Figc, quella “lotitiana”: in assemblea – riferisce una fonte – era stata letta una lettera quasi analoga da Lotito e rifiutata da molte società.
Inevitabilmente è partita la richiesta di trascrivere l’intero verbale dell’assemblea di giovedì, perchè per alcuni club la scelta di inviare quella lettera è stata un abuso. In serata Milan e Roma hanno provato a ricomporre lo strappo. Ma la Federcalcio non farà passi indietro: oggi scade il termine per adeguarsi. Gravina concederà altri 5 giorni, forse 7. Poi convocherà il Consiglio federale per nominare un commissario ad acta che provveda ad adeguare lo Statuto.
(La Repubblica)