IL TEMPO (A. AUSTINI) - La luna di miele è finita, ma chi ipotizza già un divorzio sta decisamente correndo troppo. José Mourinho ha appena iniziato il suo lavoro nella Roma, ha accettato di imbarcarsi in un progetto triennale e il rispetto che hanno i Friedkin per la sua figura è massimo. Nessuno a Trigoria si sogna di mettere in discussione lo Special One, a cominciare da Tiago Pinto che ha costruito con il tecnico un rapporto personale molto solido. Quello che preoccupa sono semmai i risultati, al di sotto delle aspettative e durante questa sosta si cercherà di impostare qualche correttivo.
Va ricompattato innanzitutto il gruppo, perché i giovani iniziano ad accusare le esclusioni «crudeli» di Mourinho dopo le prestazioni negative. E i «titolarissimi», a forza di giocare sempre, stanno perdendo quella forma fisico-mentale che aveva permesso di vincere le prime sei partite. Da Zaniolo a Mkhitaryan, da Pellegrini ad Abraham, da Karsdorp a Mancini, in molti hanno bisogno di ricaricare le pile e un po’ di turnover in più, anche grazie alla svolta tattica decisa a Venezia col 3-5-2, aiuterà.
Il mercato è ancora lontano, di sicuro c’è voglia di intervenire per sistemare un paio di quelle posizioni scoperte denunciate in ogni intervista dall’allenatore (servono subito un mediano e un terzino), ma da Trigoria continuano a ripetere lo stesso concetto: per comprare, bisogna anche vendere. Villar, Diawara e Mayoral sembrano gli indiziati, da valutare anche la situazione di Kumbulla.
Intanto Mourinho divide osservatori e tifosi. Anche all’estero. I catalani di «La Vanguardia» non ci sono andati teneri: hanno definito Mourinho il «Mussolini portoghese, la figura che ci piace di più odiare, il cattivo della farsa che fischiano quando sale sul palco: il suo tempo è scaduto». A Roma continuano invece ad esserci molti più sostenitori che detrattori. E ieri su Twitter è stato lanciato l’hashtag #ConMourinhoPerLaRoma che è balzato in testa alle tendenze. Ma rispetto a inizio anno non manca chi inizia a mettere in discussione i metodi dello Special One, la sua gestione «estrema» della rosa, le sue dichiarazioni senza freni inibitori e quella evidente voglia di scaricare sempre altrove (sugli arbitri o sul mercato incompleto) le colpe. Mourinho ha sempre diviso e continuerà a farlo. Ma ha pure vinto molto: quello che serve alla Roma.