MILANO FINANZA (F. BERTOLINO) - L'accordo fra Serie A e fondi verrà messo ai voti oggi in un'assemblea di Lega dall'esito imprevedibile. Nel frattempo, però, i club hanno già deciso come spartirsi gli 1,7 miliardi di euro offerti dai fondi per il 10% della media company.
L' ipotesi di ripartizione riferita a MF-Milano Finanza si basa sui criteri della Legge Melandri (media 2017-2020) a cui si somma un contributo Covid in parte fisso (3,75 milioni a club) e in parte di nuovo proporzionale alla cosiddetta quota «Melandri dinamica». In cinque anni ai club andrebbero 1,4 miliardi. I residui 300 milioni saranno accantonati per compensare eventuali cali dei proventi dalla vendita dei diritti tv per il triennio 2021-2024, oggetto di trattativa proprio in questi giorni. La cifra accantonata potrà variare in aumento o in diminuzione a seconda dell'esito di tale negoziato.
Anche le percentuali di ogni club potrebbero cambiare nel tempo ai sensi della Legge Melandri. Inoltre, alle squadre di anno in anno retrocesse subentrerebbero le neo-promosse, ferma restando la spartizione di 600 milioni già nel 2021 fra le squadre partecipanti all'attuale stagione. E questo uno degli aspetti più spinosi dell'accordo, più volte evidenziato dalla Serie B che per ora rimane alla finestra, in attesa dei risultati dell'assemblea odierna dove gli interessi sono tanti e in flagrante conflitto.
Alcuni club considerano insufficienti gli 1,7 miliardi offerti da Cvc, Advent e Fsi a fronte dei poteri di gestione incisivi assegnati ai fondi, del 10% degli introiti della Serie A loro spettante ogni anno (almeno), del 25% dei voti loro riconosciuti in assemblea. Secondo queste società, in un accordo equo i fondi dovrebbero garantire circa 1,1 miliardi di ricavi a stagione dal mercato media, al netto di mutualità Figc e Serie B e del paracadute retrocesse. Per ottenere i solidi diritti di governance delineati nella bozza d'accordo, aggiungono, la garanzia dovrebbe anzi salire a 1,3 miliardi di ricavi a stagione. Per altre società e peri vertici della Serie A, invece, l'intesa con la cordata capitanata da Cvc è indispensabile per far crescere dal punto di vista sportivo, gestionale ed economico il massimo campionato italiano che negli ultimi anni ha perso terreno rispetto ad altri tornei europei
. I soldi del private equity sarebbero peraltro autentica manna per riuscire a risanare nel breve termine le casse, già prostrate da anni di crescita sfrenata degli ingaggi dei calciatori e oggi svuotate dalla pandemia. Per questo motivo il consorzio aveva anche offerto ai club una linea di credito da 1,2 miliardi a titolo d'anticipo sui proventi futuri. Questa facility non è però a oggi disponibile perché la Serie A non ha accettato la richiesta della banca di una garanzia solidale dei club sul rimborso del prestito. Per i fondi, infine, l'occasione è ghiotta: se il piano industriale verrà rispettato potranno rientrare dell'investimento nel giro di pochi anni e realizzare una lauta plusvalenza a partire dal 2026 cedendo il loro 10% ad altri fondi, oppure in borsa. Resta da capire se I' intesa delineata nella bozza sia compatibile con la Legge Melandri e con le prerogative della Figc.
Quanto al primo aspetto, se l'accordo verrà approvato dai club sarà l'antitrust a pronunciarsi. Mentre alcuni legali fra cui Guido Alpa hanno considerato l'intesa conforme al dettato del decreto, altri giuristi qualificati come Andrea Zoppini e Angelo Clarizia hanno concluso in senso opposto. In particolare, secondo i critici, i poteri di veto e sulle linee-guida riconosciuti ai fondi violerebbero la competenza esclusiva dei club in materia di diritti tv, mentre la media company partecipata dai private equity si configurerebbe come un intermediario non indipendente nella commercializzazione dei diritti tv, fattispecie vietata dalla Legge Melandri. Circa il secondo aspetto, anche alla luce dei forti disincentivi imposti dai fondi alle modifiche del format sportivo rimane da valutare il rispetto delle prerogative della Figc che delega alla Lega Serie A l'organizzazione del campionato ma controlla la salvaguardia delle norme e dell'equilibrio competitivo e finanziario.