ILMESSAGGERO.IT (A. ANGELONI) - Daniele De Rossi non sta bene, gioca poco, quasi mai. Il Boca, ci raccontano i media argentini, vorrebbe addirittura scaricarlo con largo anticipo; lui stesso, filtra sempre da Baires, vorrebbe chiudere anzitempo il discorso, tornandosene in Italia prima del previsto. A tal proposito si sarebbe già fatto avanti Pradè, che vorrebbe portarlo a gennaio nella Fiorentina dei Vecchi Marpioni. Questa è la notizia, nuda e cruda. La possiamo scrutare sia dal punto di vista del Boca sia da quello di Daniele. Tutto rimbalza a Roma e si scatena il mondo. Per cui De Rossi diventa l’arma per darsi ragione, o per distribuire ragioni qua e la. Come al solito, insorge la dicotomia ormai di moda da queste parti: da un lato i dispiaciuti, dall'altra quelli che “avete visto, era rotto, ha fatto bene la Roma a disfarsene”. Una sentenza, la solita.
Roma una volta non era così, possiamo permetterci di dirlo senza offendere nessuno. E non è il solito “si stava meglio quando si stava peggio”, è cambiato il vento, molti sono tifosi delle società, dei dirigenti, di un giocatore e di un altro. E' un romanismo diverso, forse. Facciamo qualche passo indietro. Qui c’è in ballo una bandiera della Roma, che nel maggio scorso ha scoperto che il suo club non gli avrebbe rinnovato il contratto. Scelta legittima, se la guardiamo da un punto di vista calcistico: Daniele ha 36 anni, è logoro, non serve etc etc.
Giuste o sbagliate, un club fa le proprie valutazioni e prende le decisioni. Ma la sommossa di tanti tifosi in quel periodo non si riferiva a questo aspetto, solo un pazzo avrebbe pensato che De Rossi sarebbe andati in campo in tutte le partite e con un miracolo avrebbe superato i suoi numerosi guai fisici. Daniele stesso disse: gioco dieci partite, pagatemi per quelle. All'epoca si voleva semplicemente sottolineare il dispiacere per l’abbandono, per la fine dell’ennesima bandiera, pensando anche che per cinque, sei, sette partite sarebbe stato pure utile. Senza dimenticare come la sua importanza sarebbe stata chiara nello spogliatoio, pure da non giocatore. Un percorso che lo avrebbe portato a diventare, un giorno, allenatore della Roma. Invece niente, tutto dimenticato. Insulti, alzate di testa, sottolineature e così via, verso l'infinito e oltre. Sgomitano i "velavevoddettisti". Del nulla.