Chissà se si è emozionato di più per la standing ovation che gli ha riservato l’Olimpico quando è uscito (con la fascia di capitano al braccio) dopo i fischi che avevano accompagnato il suo nome alla lettura delle formazioni. O chissà se, invece, vedere i suoi compagni in panchina a battergli le mani gli avrà fatto venire un pizzico di nostalgia. Edin Dzeko, salvo sorprese, ieri sera ha salutato quello che è stato il suo stadio negli ultimi quattro anni nel modo che voleva: giocando bene, dando il massimo per Fonseca e per la Roma. (...) Dzeko ha messo in mostra tutto il suo repertorio: ha agito da trequartista, facendo passaggi al millimetro e aprendo spazi che Zaniolo, Ünder e Perotti hanno sfruttato. L’azione con cui, dopo neanche 10’, salta quattro uomini e serve Ünder è un capolavoro, così come il gol realizzato nella stessa porta, e quasi nello stesso modo, dove aveva segnato la sua prima rete con la maglia della Roma contro il Siviglia. Un tiro al volo che non lascia speranze a un signor portiere come Courtois. (...) E i fischi che lo avevano accolto in campo diventano un ricordo, tanto che quando Edin lascia il campo, da capitano dopo che Florenzi gli aveva ceduto la fascia, sono praticamente solo applausi. E arriva anche qualche coro. I rigori Dzeko non li tira, ma in panchina ride e scherza con i compagni, poi si ferma a parlare a lungo con Modric. E anche con Zaniolo, Spinazzola e Mancini. Edin parla, mima qualche movimento, si comporta in tutti i sensi da leader e non da giocatore con le valigie pronte. (...) Per questo non credeva di giocare ancora con la Roma a metà agosto e forse ci avrà anche pensato, uscendo dal campo quasi per ultimo, sorridendo, lanciando uno sguardo alla Sud e un altro ad alcuni bimbi che lo chiamavano dalla tribuna. È il suo modo di salutare, dopo quattro anni intensi, pieni di emozioni. Sue, della gente e anche di Fonseca, che fosse per lui lo terrebbe a lungo come perno del gioco. L’impressione è che chi lo sostituirà non avrà un compito semplice.
(gasport)