IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Il 26 maggio, giorno dell'addio di De Rossi, Claudio Amendola era all'Olimpico. Forse, nemmeno lui, poteva attendersi tre settimane dopo di dover sopportare un'altra lacerazione.
Domani Totti annuncerà l'addio dalla Roma.
«E' la ciliegina sulla torta. Si conclude finalmente il teorema bostoniano-londinese. Credo che Francesco abbia sopportato il sopportabile. Uno come lui non può figurare come un semplice gagliardetto. Mi sembra di assistere all'omicidio perfetto. Hanno ucciso la Roma».
Un punto di non ritorno tra la piazza e la proprietà Usa?
«Questo non lo so, so solo che in venti giorni la Roma ha perso De Rossi e Totti».
Pallotta era disponibile a far diventare Totti dt.
«E' proprio questo l'errore che si commette quando si giudica questa vicenda. Non tocca a me dirlo e magari ci penserà Francesco ma il problema è che lo hanno messo nella condizione di dire di no. E' come quando un marito o una moglie non hanno coraggio di lasciare il coniuge e si fanno lasciare. E questo è il comportamento dei codardi, degli uomini o delle donne che non hanno il coraggio di affrontare la realtà e di assumersi direttamente le conseguenze delle loro azioni. C'è sempre stata, dall'inizio, la volontà di deromanizzare la Roma. E ora ci sono riusciti».
Eppure, sino a poco tempo fa, la tifoseria era divisa nella valutazione dell'operato del club. Ora è nuovamente unita.
«In passato sono stato molto criticato quando pronunciai una frase infelice (‘Mi dimetto da tifoso della Roma', ndc). Ma già all'epoca s'intravedeva la piega che stava assumendo la questione. Io ad esempio ero molto offeso con il club perché aveva concesso l'utilizzo di Trigoria alla Juventus. Ero molto dispiaciuto anche quando si cambiò lo stemma. Noi siamo sempre stati questo tipo di tifoseria, molto tradizionalista. Il problema è che dall'avvento di questa nuova proprietà s'è voluto educare e cambiare il modo di pensare di una città che non andava modificato ma semplicemente rispettato».
Non pensa che sia anche una questione generazionale? Che il 20enne di oggi che non può fare a meno dei social viva la passione per la Roma in modo diverso dal 50enne e che il club abbia deciso di rivolgersi proprio a questo target di pubblico?
«Questo discorso lo accetterei soltanto se si fosse vinto qualcosa. Ok, mi vuoi cambiare? Mi vuoi educare? A me non sta bene ma se serve a vincere a malincuore ti dico va bene. Ma in questi 8-9 anni che abbiamo vinto? La Lazio ha vinto tre trofei, noi zero. Se non vinci, preferisco restare quello che sono».
Ci sono i presupposti per vincere nel prossimo futuro?
«Il divario ormai è incolmabile. Qui si rischia anche la prossima stagione di lottare per l'Europa League».
Cosa ne pensa di Fonseca?
«Sarà l'ennesimo allenatore che nel momento di difficoltà verrà sacrificato sull'altare del club. Ci siamo già passati con Garcia...Poi sia chiaro, io rimango sempre della Roma. Però è innegabile che ci hanno tolto tanto. Troppo. Sarà il primo anno da quando la tifo, che inizieremo la stagione senza una bandiera».
Ritiene che Pallotta si renda conto della disaffezione maturata in città?
«Dall'addio di De Rossi il malumore è arrivato a Boston. Credo però che né lui, tantomeno Baldini, lo tengano in considerazione. E la lontananza li agevola».
C'è qualcosa che vuole dire a Totti?
«Grazie».
E a Baldini?
«Non ho niente da dirgli».