Bomba contro gli ultrà laziali. Una vendetta “antifascista”?

07/05/2019 alle 15:24.
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IL TEMPO (M. LAGHI) - Un boato nella notte. Un'esplosione che ha danneggiato la saracinesca e due auto parcheggiate lì vicino, senza per fortuna provocare feriti. E il bilancio di una bomba carta fatta esplodere davanti alla sede dello storico gruppo ultras degli Irriducibili Lazio in via Amulio, nel quartiere Appio. Erano circa le 4 quando un residente ha segnalato alle forze dell'ordine di aver avvertito un forte rumore. Indaga la polizia: sul posto gli uomini del commissariato Appio e gli investigatori della Digos. Gli agenti del commissariato Appio hanno già acquisito i filmati, ora al vaglio della Digos, nel tentativo di individuare chi abbia lanciato la bomba carta. Una «volante» della polizia ha notato la saracinesca annerita. Poi, da alcune testimonianze è emerso che il «botto» era avvenuto intorno alle 4 del mattino. Si tratterebbe di un ordigno artigianale e gli investigatori stanno esaminando i frammenti metallici della bomba.

Al momento tutte le piste restano aperte. Ma il pensiero va allo striscione con la scritta Mussolini esposto dagli ultrà biancocelesti il giorno della Liberazione. «Se vogliono tornare al terrorismo degli anni '70, a quel clima, noi siamo pronti. Anzi, io non vedo l'ora e di certo non ci tiriamo indietro», dice Fabrizio Piscitelli, il «Diabolik» degli Irriducibili Lazio commentando la bomba «alla crema», la chiama lui. «Siamo abituati a peggio - dice Piscitelli - paura mai, per carità; è chi ha messo la bomba che ha dimostrato di aver paura. E un atto vigliacco, fatto di notte: avrebbero potuto ferire chi dorme nei paraggi, in strada. Sanno dove stiamo, sanno dove abito e sanno bene che al di là di quella saracinesca c'è una associazione che si occupa del sociale, dove non si fa politica. Noi andiamo allo stadio, fine. Poi, certo, siamo fascisti, gli ultimi fascisti di Roma, e non rinneghiamo nulla». E un movente politico, dunque, ad aver armato la mano di chi ha lanciato l'ordigno rudimentale? «Se andiamo per logica - spiega Diabolik - quanto accaduto si può ricondurre a quella situazione (lo striscione su Mussolini esposto a corso Buenos Aires il 25 aprile scorso ndr) ma a quel punto, ripeto, non ci tiriamo indietro».