E adesso tocca a lui, ad Alessandro Florenzi. A meno di terremoti, il nuovo capitano giallorosso sarà un altro romano e romanista, anche se l’eredità – dopo Totti e De Rossi – è pesantissima. «Il romanismo è importante ed è in mani salde – ha detto infatti lo stesso Daniele -. Lorenzo (Pellegrini, ndr) e Alessandro sono due persone che possono continuare questa eredità. Certo, non deve essere chiesto di scimmiottare me e Francesco perché sarebbe la cosa più sbagliata del mondo. Con la loro personalità devono portare avanti l’attaccamento alla maglia. Ma ci tengo a dire anche un’altra cosa: c’è Cristante – e faccio solo un esempio - che viene da Bergamo e non è romanista, ma io ne vorrei altri cento come lui, perché dà l’anima in allenamento e in campo. Non posso dire che la Roma ha bisogno di romanisti, ha bisogno di professionisti, poi se sono romanisti abbiamo fatto bingo». Il bingo, però, è un gioco a doppio taglio. E così Florenzi, senza alcun preavviso, si ritrova ad essere capitano assoluto di una squadra seguito da uno zoccolo duro di ultrà che, fino a pochi mesi fa, lo chiamava «trenta denari», alludendo a una incongrua vocazione a essere mercenario, eredità della trattativa per il contratto.
(gasport)