IL MESSAGGERO (A. MARANI) - Non dev’essere nata sotto una buona stella la coreografia giallorossa che doveva essere esibita al derby di ieri. Prima la “spiata” di un intruso biancoceleste che è riuscito a infilarsi nel capannone dove i rivali la stavano allestendo sbirciando una lupa - costringendo di fatto a cambiamenti obbligati per non rovinare l’effetto sorpresa -, poi ieri, appena prima del fischio di inizio della gara, la rissa nella parte bassa della Sud occupata dal gruppo “Roma” tra questi e i Fedayn scesi di sotto per dire la loro.
Una scazzottata in nome di vecchi e mai sopiti screzi che, alla fine, non ha permesso ai romanisti di aprire i maxi-cartelloni che spettatori, dentro e fuori l’Olimpico, aspettavano di vedere. Forse un presagio nefasto per il pesante risultato incassato dagli “ospiti” giallorossi a fine match. I fedayn, in minoranza numerica, occupano la balconata in alto a sinistra. Soffrono il dominio dei Roma (in cui sono confluiti molti degli ex padroni di casa vicini a Casapound) che invece, negli ultimi anni, hanno raccolto consensi, cercando di aggregare la galassia del tifo organizzato giallorosso, frammentata in una miriade di sigle, da Giovinezza a Romanismo, ai Boys.
La Curva Sud non risponde a un solo capo, non si riconosce in un’unica organizzazione. È un magma in movimento che fidelizza sugli spalti circa quattromila persone, a differenza della Nord laziale dove l’organizzazione è rigida sotto il controllo degli Irriducibili di Diabolik & co. Nuovi e vecchi equilibri si giocano stagione dopo stagione. Preoccupano le conseguenze che potrebbero seguire, per esempio, al raid che giovedì notte quatto laziali hanno compiuto nel bar di Casal Bertone gestito da uno dei capi-ultrà della Roma, anche lui seduto nella parte bassa della Curva. Nell’assalto un altro ultrà giallorosso è rimasto ferito, ha una spalla rotta e ha preso una brutta botta alla testa, ha preferito però lasciare l’ospedale. La tensione resta alta anche nei prossimi giorni per il rischio di ritorsioni e rappresaglie.