MILANO FINANZA (F. BERTOLINO) - La scalata dell'americano James Pallotta alla Roma, il passaggio Dell Inter al gruppo cinese Suning, a conquista del Milan da parte del fondo attivista Elliott. Da sempre legata alle fortune delle grandi famiglie imprenditoriali italiane, in questi anni la Serie A ha scoperto i capitali internazionali. Ma la finanza è entrata da tempo nel pallone, un'industria che in Europa vale oltre 20 miliardi di euro (dati Uefa 2017).
Il picco di squadre europee quotate, 36, è stato raggiunto nel 2002. Da allora la borsa sembra diventata meno appetibile per i club del Vecchio Continente che oggi per raccogliere capitali preferiscono rivolgersi al mercato obbligazionario o a banche e fondi privati. Il Barcellona ha così ottenuto in prestito 140 milioni da due fondi americani, mentre il Real Madrid avrebbe ricevuto un finanziamento da 575 milioni da Bank of America e JpMorgan per la costruzione del nuovo stadio (nei giorni scorsi s'era parlato anche del possibile lancio di un bond da 400 milioni).
La tendenza è in atto anche in Italia. A Piazza Affari i club quotati sono tre: Juventus, Lazio e Roma. Meno che in Danimarca (sono sei le squadre nel listino di Copenhagen), ma più che in Regno Unito (dopo il delisting dell'Arsenal, a Londra restano Manchester United e Celtic). Un dato sorprendente considerata la ritrosia alla borsa. Il primo club italiano a prendere la via di Piazza Affari è stata la Lazio nel 1998, mettendo sul mercato 33% del capitale. Nell'ultimo anno il titolo ha perso il 12% ed è scesa a una capitalizzazione di 88 milioni, nonostante l'utile di 37 milioni (+227,8% sul 2017) e il fatturato di 127 (+28,4%) registrato al 30 giugno 2018 dal gruppo presieduto da Claudio Lotito (primo azionista con 1167%). A spingere i profitti sono soprattutto le plusvalenze realizzate con la vendita dei giocatori (63,7 milioni), al netto delle quali il risultato operativo lordo rimane positivo, ma in forte calo rispetto all'esercizio precedente: 3 contro 15,7 milioni (-80,9%).
A due anni di distanza dalla rivale capitolina, anche la Roma è sbarcata in borsa a maggio 2000 (+3,2% nell'ultimo anno per una capitalizzazione di 334 milioni). Dopo la fine dell'era Sensi, nel 2011 il club è passato nelle mani di una cordata composta da imprenditori statunitensi e Unicredit. Dal 2014, poi, James Pallotta ha assunto il controllo dell'87% della società tramite la Neep Roma Holding, promettendo un rilancio degli investimenti per «rimettere la chiesa al centro del villaggio». Pur avendo raggiunto la semifinale di Champions League, il gruppo As Roma ha accumulato negli ultimi due esercizi perdite per 67 milioni (42 nel 2016/2017, 25 nel 2017/2018). Il bilancio al 30 giugno scorso evidenzia un aumento del fatturato del 43% a 251 milioni (320 includendo le plusvalenze). È salito, però, anche l'indebitamento finanziario netto che ha toccato i 218 milioni (+13,5%), pari a 3,3 volte l'ebitda. A giugno 2017 la Roma ha esteso fino al 2022 il contratto con Goldman Sachs che ha pure incrementato la linea di credito di 55 milioni (da 175 a 230). Il finanziamento è stato concesso a caro prezzo: il tasso applicato al prestito è variabile (Euribor tre mesi, minimo 0,75) con spread del 6,25%. In sostanza, la banca americana ottiene un interesse minimo del 7%, lontano dal rendimento del bond Juventus, ma anche da quelli spuntati in precedenza da altre società calcistiche italiane.
Già nel 2017, l'Inter di Suning ha emesso un'obbligazione quinquennale da 300 milioni a fini simili a quelli dell'operazione Juventus: prorogare «la scadenza del debito del gruppo» e migliorare «la flessibilità finanziaria». Il tasso pagato dal club meneghino, il 4,875%, è inferiore non solo a quello del prestito alla Roma, ma anche a quello riconosciuto pochi mesi prima dal Milan. A maggio 2017, sotto la gestione Yonghong Li, infatti, la società rossonera aveva emesso due obbligazioni a 18 mesi da 128 milioni complessivi, prima sottoscritte da Elliott e poi rimborsate anticipatamente a settembre 2018 dal fondo stesso, diventato nel frattempo proprietario del club. La cedola offerta era del 7,7%, sicché si può dire che da il derby del bond se l'è aggiudicato l'Inter. Secondo indiscrezioni, comunque, il Milan di Elliott starebbe sondando il mercato in vista di un'altra emissione che, alla luce della ritrovata solidità finanziaria, sarebbe probabilmente più economica.
Sul mercato obbligazionario potrebbe infine arrivare anche la Roma. Il sogno, a lungo coltivato, di un nuovo stadio pare vicino a diventare realtà. Il presidente Pallotta avrebbe raggiunto un accordo da 100 milioni per acquistare i terreni su cui sorgerà l'impianto di Tor di Valle. In questo quadro non è da escludere il ricorso a un bond per finanziare i lavori. L'ipotesi è stata avanzata in passato, ma dopo l'ottima accoglienza dell'operazione Juventus potrebbe tornare attuale. Se molte delle grandi di Serie A si sono già mosse, le piccole non sono rimaste ferme. Due club italiani hanno collocato bond retail sulla piattaforma Tifosy, fondata da Fausto Zanetton e Gianluca Vialli: Frosinone (1,5 milioni) e Pescara (2,4 milioni, 8% annuo. Entrambi offrono un rendimento dell'8% (3% del quale in crediti del club) interessante per gli investitori, in tempi di tassi bassi, e per le società, viste le difficoltà di accesso al credito bancario. Entro la fine della stagione, perciò, è atteso il lancio su Tifosy del bond di un altro club di Serie A, stavolta di media dimensione (accanto a uno di Premier League e a uno di Championship, la serie B inglese). Vista la forte domanda registrata dalle precedenti emissioni, la taglia dell'obbligazione potrebbe essere superiore ai 10 milioni. Il rendimento dovrebbe poi attestarsi a (circa) metà fra quello pagato da Frosinone e Pescara (8%) e quello spuntato dalla Juventus (3,5%). La Vecchia Signora ha fatto scuola.