IL MESSAGGERO (C. GUASCO) - Sono le sette e mezza di sera quando il convoglio di pulmini di tifosi del Napoli imbocca una traversa di via Novara, direzione stadio di San Siro. È qui che scatta il segnale. Coperti da passamontagna, armati di mazze da baseball, coltelli, asce, catene e persino una roncola, un centinaio di ultrà nerazzuri, del Varese e del Nizza blocca e circonda un van. Partono i fumogeni e, tra grida e colpi di mazza ai finestrini, comincia l'assalto. Nel gruppo c'è anche Daniele Belardinelli, 35 anni, moglie e due figli, leader dei Blood Honour del Varese, già segnato da un Daspo. È uno dei primi a partire all'attacco, finisce sotto le ruote di un suv e muore all'alba in ospedale.
REGOLAMENTO DI CONTI - «Un agguanto squadrista e premeditato», dicono gli agenti della Digos che stanno ricostruendo la notte di violenza e follia di mercoledì, prima della partita Inter-Napoli. Il campionato non si fermerà, informa il vertice della Figc, nonostante l'attacco abbia tutti i contorni della spedizione punitiva pianificata nei dettagli e mossa della vendetta. Gli aggressori hanno studiato il percorso, raccolto le armi. La battaglia è stata senza pietà. Da una parte gli ultrà di casa: gli interisti gemellati con il Varese, spalleggiati dai supporter del Nizza arrivati a Milano per «regolare i conti con i napoletani dopo i disordini avvenuti circa tre anni fa durante un'amichevole tra le due squadre», spiegano fonti investigative. Dall'altra la carovana di quindici pulmini con circa 150 tifosi partenopei intercettati dalla polizia all'uscita della tangenziale, con una volante che li segue. Gli assalitori si appostano dove sanno di poter circondare i rivali: via Sant'Elena, a un chilometro e mezzo dallo stadio. Un agguato con un morto, quattro feriti, tre arresti, nove indagati (per ora) e dieci perquisizioni, ma gli investigatori - grazie alle telecamere di sicurezza e ai video girati da chi è finito in quell'inferno - stanno cercando tutti i componenti del gruppo d'assalto e anche il guidatore del suv scuro che ha investito Belardinelli. Alla vista di tanti uomini armati si è spaventato, ha accelerato ed è fuggito, ora rischia l'accusa di omicidio stradale. L'assalto dura una quindicina di minuti. I supporter napoletani viaggiano su «pulmini anonimi per i quali era previsto l'aggancio da parte dei rinforzi di polizia di lì a poco», spiega il questore Marcello Cardona, la pattuglia di ultrà sbuca dal buio all'improvviso e si scaglia contro i van con spranghe e mazze, i tifosi del Napoli scendono e affrontano gli avversari. È proprio uno di loro che si accorge dell'uomo esanime sull'asfalto: «Cosa fate, non vedete che c'è uno a terra?», grida. Alcuni nerazzurri caricano Belardinelli su un'auto e corrono all'ospedale San Carlo, lo abbandonano lì e poi scappano. I medici provano disperatamente a intervenire sulle lesioni gravi alla milza, all'aorta toracica e addominale e su diverse fratture tra cui quella al femore. Ma non c'è nulla da fare e intorno alle 4.30 del mattino l'ultrà del Varese muore. Tra i partenopei grave Giovanni Stabile, 43 anni, ferito all'addome, mentre Angelo Iazzetta, 39 anni, è stato ferito al braccio e il quarantenne Luigi Corrente al labbro. Medicato e subito dimesso Angelo Simone, 37 anni. I tre arrestati tra le fila degli ultrà aggressori sono accusati di rissa, lesioni e violenza da stadio, gli indagati di rissa aggravata.
Attorno a via Novara restano i segni della battaglia, tra l'erba e le foglie secche spuntano un falce e una mazzetta da muratore, i fumogeni, le catene e i bastoni che gli assalitori hanno abbandonato prima di fuggire. «Un'azione organizzata, tragica e inaccettabile. Saremo durissimi», promette il questore di Milano Cardona, un passato da arbitro di serie A, anticipando che chiederà il divieto alle trasferte dell'Inter per tutto il campionato e la chiusura della curva Nord fino a fine marzo, cioè per cinque giornate.
LA FIGC - Ma sui campi si continuerà a giocare, come annuncia il presidente della Figc Gabriele Gravina: «Ho avuto modo di sentire anche il sottosegretario Giorgetti e ci siamo confrontati. All'unanimità abbiamo condiviso che si va avanti». Anche se Giorgetti, in verità, vorrebbe un provvedimento drastico ed esemplare: «Chiudere gli stadi per violenza e razzismo. Programmare a mezzogiorno e non la sera le gare a rischio e chiudere le curve».