IL MESSAGGERO (U. TRANI) - «Dobbiamo crescere ancora tanto». Di Francesco lo ha ripetuto dopo il successo al Castellani. Vuole essere realista e non entusiasmarsi per il raccolto di fine settembre ed inizio ottobre. Così appena ne ha la possibilità, in pubblico davanti alle telecamere e in privato di fronte ai suoi giocatori, evidenzia come la Roma, nonostante la striscia dei 4 successi di fila, abbia bisogno di ottenere la continuità pure nelle prestazioni e non solo quella appena ritrovata nei risultati. Attenzione, organizzazione, efficacia: sono concetti su cui gli piace insistere perché spesso i suoi interpreti si bloccano in campo. Più volte, l'ultima proprio contro l'Empoli, hanno giocato mezza partita. È successo quasi sempre all'alba della stagione. In Toscana, chissà perché, il nuovo black out. Già, inspiegabile. O meglio secondo il tecnico riconducibile a una serie di atteggiamenti sbagliati che non sono da squadra: superficialità, deconcentrazione e sciatteria.
COINVOLGIMENTO TOTALE - La flessione di sabato è comprensibile dopo la full immersion in 21 giorni: dal 16 settembre al 6 ottobre, 7 partite in 3 settimane. Quando le gambe non girano, possono condizionare la mente. Scontati, insomma, certi errori in campo. Nei movimenti e nei comportamenti. Di Francesco ha dato la giusta importanza all'aspetto psicologico dopo il ko di Bologna, senza però mai mettere in secondo piano quello tattico. La scelta del 4-2-3-1 è stata la mossa più invasiva. Ma c'è anche l'addestramento fatto nella scorsa stagione e durante l'estate dietro alla risalita in classifica dopo la partenza fiacca e insufficiente. Il turnover ha avuto il suo peso, come un anno fa. Nel 1° dei 4 successi di fila, il 26 settembre all'Olimpico contro il Frosinone, è sembrato addirittura esagerato: 7 novità dopo aver fatto cilecca al Dall'Ara. La rotazione extralarge, in quel caso, è stata decisiva proprio per la svolta. Tant'è vero che nel derby la Roma è stata confermata per nove undicesimi. Solo 2 interventi per battere la Lazio. Il minimo stagionale, toccato solo alla seconda giornata, sempre in casa, contro l'Atalanta. Nelle 9 partite in cui ha voluto far girare i giocatori, in 3 ne ha cambiati 5, l'ultima volta sabato sera al Castellani, e in 2 comunque 4. Insomma, in due-terzi di questa fase iniziale della stagione, ha preferito alternare la metà (o quasi) dei calciatori di movimento. E, pur tenendosi stretta la traccia e cioè il sistema di gioco, ha fatto l'en plein: 10 formazioni diverse in 10 match, utilizzando 23 giocatori (compreso Strootman). Il turnover per chiamare in causa la rosa al completo e qualche esercitazione per avere più soluzioni in area avversaria.
LAVORO MIRATO - Di Francesco, ripartendo dal campionato scorso (5° attacco in serie A), ha puntato sulle palle inattive, sfruttando i suoi giganti. Già 7 i gol arrivati da calcio piazzato: 6 in campionato (4 di fila) con Manolas, Fazio (2), Lorenzo Pellegrini, Kolarov e Nzonzi, e 1 in Champions con Dzeko. E 2 reti annullate: Nzonzi a San Siro contro il Milan e Fazio con il Viktoria Plzen all'Olimpico. L'opzione c'è e e si vede (leggermente, per ora): 16 gol contro i 15 dell'anno scorso in 8 giornate (e 11 marcatori, 12 con la Champions). Va peggio la difesa, sistemata solo da 4 partite (1 rete subita). Ecco perché l'allenatore, contro la Lazio e l'Empoli, è passato in corsa al 5-3-2. L'aggiustamento è per la classifica. Perché «dobbiamo crescere ancora tanto». E la sosta aiuta.