Il destino, a volte, ci porta nei luoghi dove vorremmo ancorare il presente. Ramon Rodriguez Verdejo – al secolo Monchi – ha trascorso i giorni dopo la sconfitta di San Siro insieme alla famiglia a Venezia, che nell’immaginario collettivo dell’Italia è stata a lungo la città delle lune di miele. Un modo inconscio, forse, per prolungare quella con Roma, che dopo 17 mesi sembra inevitabilmente terminata. (...) Gli auspici del tifosi, in fondo, in estate erano chiari: abbiamo una squadra forte, con un paio di ritocchi potremo toglierci tante soddisfazioni. Non solo. Capitan De Rossi, che dell’ambiente giallorosso è interprete, a fine stagione – facendo i complimenti alla dirigenza e all’allenatore per il cambio di atmosfera a Trigoria – spiegava la virata con questo esempio: «Prima finiva l’anno e tanti dicevano: “Me ne vado”. Adesso no, c’è gente che sta bene». (...) Monchi sa bene che il calcio è senza memoria, ma tiene a due concetti: a suo parere ha costruito una Roma forte (e quindi in grado di togliersi tante soddisfazioni) e le scelte sono state condivise con l’allenatore (pur con le inevitabili mediazioni). Lo spagnolo, perciò non rinnega quanto ha detto al termine del mercato: «Se non vinco me ne vado». Ma è pronto ad aggiungere anche altro: se non vado bene, me ne vado. Pallotta lo adora, però radio mercato sussurra che Barça e United non vedrebbero l’ora che accadesse. (...)
(gasport)