LAROMA24.IT - Il passivo è solo di 3 gol ma poteva essere molto più ampio. La Roma non dà segnali di ripresa ed esce sconfitta dal Santiago Bernabeu nel confronto ad armi fin troppo impari con i campioni d'Europa in carica del Real Madrid. Solo Olsen e De Rossi tengono a galla una squadra che ora dovrà ributtarsi sul campionato per dare segnali di ripresa.
Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, pubblicati sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola.
IL ROMANISTA (D. LO MONACO)
Oggi la Roma è molto più distante dal Real Madrid rispetto a quanto ci si sia sentita l’anno scorso nei giorni inebrianti delle semifinali della competizione appena ripartita. E questo perché i madridisti hanno un gruppo di straordinari giocatori (che costano cifre che club come la Roma non possono permettersi, in attesa di uno stadio che per i soliti vomitevoli giochini politici è ancora solo un progetto sotto chiave) che adesso hanno imparato anche a recitare secondo un copione ben scritto dal loro sottovalutato allenatore. E la Roma è peggiorata rispetto ad aprile.
La Roma avrebbe potuto anche tenere un atteggiamento differente, con meno punte e più centrocampisti, linee più basse, nessuna pressione alta, nessun palleggio col portiere ma solo rinvii oltre la metà campo. Avrebbe subito molti meno tiri, ma non avrebbe avuto modo di mettere il naso fuori dalla propria area di rigore. Tanti piccoli/grandi errori hanno precluso sogni di gloria. Così la Roma ha perso a modo suo, con l’allenatore che invece di abbassare la testa a metà ripresa ha messo pure la quarta punta. Ma la nostra si chiama Schick, un fantasma, la loro Mariano Diaz, immarcabile. La differenza è anche qui.
LA GAZZETTA DELLO SPORT (A. DI CARO)
Il Real ha dimostrato di riuscire a sciorinare calcio anche senza il suo ex Fenomeno. Se CR7 non è riuscito a spettinare Murillo, gli ex compagni Bale e Benzema, Modric e Isco hanno fatto venire i capelli dritti alla Roma travolta ben oltre il 3-0 a finale. Non c’è stata mai partita. I giallorossi hanno sofferto dal primo all’ultimo minuto, subito il Real, rischiato un’imbarcata storica contro un'avversario enormemente superiore. Poteva finire con 5-6 gol di scarto. La Roma è stata salvata in molte occasioni da Olsen in versione miglior Alisson, in altre dai recuperi disperati in scivolata di De Rossi (unico a salvarsi col portiere), in altre ancora dalla traversa, dagli errori o dalla mira sbagliata dei giocatori del Real. Non si poteva pretendere dalla Roma il miracolo di vincere a Madrid, si poteva però sperare in una prestazione meno incolore e passiva, più ricca di carattere, coraggio, gioco, convinzione. Il percorso in Coppa non viene certo compromesso da questa sconfitta, ma i motivi di preoccupazione sono tanti. Uno stato atletico ai minimi livelli, prestazioni individuali imbarazzanti: dal lentissimo Nzonzi allo svagato Fazio, dall’irriconoscibile Kolarov al depresso Dzeko. Sembravano giganti dai piedi d’argilla. E anche la scelta a sorpresa di Di Francesco di far esordire il baby Zaniolo al Bernabeu (non aveva ancora mai fatto nemmeno un minuto in Serie A) più che un atto coraggioso, è parso un azzardo eccessivo, durato 54 minuti. La crisi di gioco, carattere e identità della Roma è aperta. Serve una svolta.
CORRIERE DELLA SERA (M. SCONCERTI)
[..] Netta anche la sconfitta della Roma. Si può discutere di un centrocampo con due mediani lenti (De Rossi e Nzonzi), di una squadra senza mezzi termini, abbastanza spezzata in due. Ma la realtà è che il Real è stato molto più forte, spontaneamente. Non possono esserci polemiche. Il Real è della stessa caratura della Juve, la Roma no, non è chiara, passa da Pellegrini e Cristante in mezzo al campo a De Rossi e Nzonzi, non ha un vertice, è buona quando ha la palla, quasi assente quando la palla è degli altri. Questo è squilibrio, cioè non squadra, esattamente il contrario di quanto ormai è la Juve, piena della sua qualità e della sua larghezza.
CORRIERE DELLO SPORT (G. DOTTO)
Contro un Real che di marziano ha solo le orecchie di Bale, la Roma fa quello che può. L’onesta perdente. Troppo brutta e purtroppo vera. A tenerla in vita per quasi tutto il primo tempo sono le imprese di Olsen, che ha un solo torto, non chiamarsi Alisson, e la furente lucidità da trincea di un omerico De Rossi, che tanti imbecilli a Roma vorrebbero pensionare. Da segnalare un Nzonzi che scammella lento e incomprensibile per il campo senza mai incrociare nemmeno per sbaglio la palla. Peggiore, ma di molto, del peggior Strootman. Uno Dzeko sempre più mister Malinconia e un Kolarov di cui improvvisamente ci si acccorge dei capelli bianchi. Il Real se la spassa. Alla fine sono tre e se non sono sei o sette è perché lo svedese tra i pali fa la piovra.
Zaniolo titolare al Bernabeu è la carta della speranza o della disperazione? Una lucida e calcolata follia o il salto nel vuoto del non saper più che pesci prendere e dunque optare per il più improbabile dei pesci, un ragazzo che debutta in Champions dopo essere stato convocato in Nazionale, senza aver mai giocato un minuto in serie A? Il paradosso di una consacrazione che avanza in assenza di prove. Diventerà qualcuno un giorno, ma il giorno non è oggi e forse nemmeno domani.
La verità s‘ impone. L’inverosimile galleria di sfondoni e aberrazioni, in entrata, in uscita, in ogni luogo, della gestione tecnica di Monchi ha svuotato questa Roma. Una castrazione chirurgica di tasso tecnico e di personalità. Una squadra intossicata da equivoci, giocatori presi a casaccio, doppi e di dubbia utilizzazione, di leader spenti e sfiduciati e di giovani che non sanno dove guardare per trovare fiducia (Kluivert in tribuna, vogliamo parlarne? L’unico che poteva diventare un castigo nelle abituali mollezze del back madridista).
IL GIORNALE (F. ORDINE)
La serata deve rappresentare un’eccellente notizia anche per il ct Mancini se è vero che aValencia e a Madrid si sono verificate un paio di performance che sembrano fatte apposta per spianargli il lavoro e spalancare un futuro non proprio dimesso. Al Bemabeu ha debuttato un giovanotto del '99, classe di ferro, Nicolò Zaniolo: fino a qualche mese giocava nella primavera dell’Inter, poi è finito a Roma nell’operazione Nainggolan. Di Francesco, il tecnico, come Mancini che l’ha già convocato, ha avuto un coraggio da leone nel farlo debuttare al cospetto del re della Champions, nel Bernabeu. Non ha raccolto giudizi stregati, ha forse pagato la sua inesperienza ma ha di sicuro aperto una strada che diventerà un luminoso rettilineo tra qualche tempo.