IL ROMANISTA (F. PASTORE) - Trecentoundici giorni. Dieci mesi e una settimana circa di età. Tanto aveva Daniele De Rossi il 30 maggio del 1984. (...) Come tutti i romanisti di ogni generazione, ce l'ha impressa dentro di sé. (...) Non c'è modo di sottrarsi al dna e per chi ha senso di appartenenza non c'è neanche volontà. Sono anche le ferite a farci quelli che siamo. Quella partita è lì, sullo sfondo di quell'immensità che è la storia della Roma, a rappresentarne vetta e perigeo allo stesso tempo. (...)
Perciò De Rossi è il simbolo dei giorni nostri. Di questi giorni col cuore in gola e i brividi addosso e l'aria frizzantina nonostante i primi caldi. Non esiste migliore anello di congiunzione fra le due epoche. Non (tanto) perché nasce a «vessillo» appena «condotto in porto» e il suo primo anno di vita è scandito dalla travolgente cavalcata in Coppa dei Campioni. Non (solo) perché il suo romanismo è talmente straripante da diventare archetipo. Ma perché unisce le due generazioni. È la bandiera che non smette di sventolare. La più fedele d'Europa (...)
In quel rigore realizzato contro il Barcellona dei marziani che ha convinto tutti della possibilità di compiere l'impresa, molti hanno (...) hanno visto nel film dei ricordi e delle suggestioni un altro con la fascia al braccio, il Capitano per antonomasia: Agostino Di Bartolomei, che le responsabilità se le assumeva sempre e comunque. Nella buona sorte come in quella avversa. Proprio come Daniele, incarnazione di un calcio antico nell'era del football moderno. Fratelli Bandiera. Della Roma. (...) Altro Capitano, altra prolunga di un filo mai interrotto da tenere insieme con l'Ago della memoria. Segni di fango e sangue ostentati orgogliosamente. A testa alta anche quando hanno provato a piegarla. Una corsa sotto la Sud con la maglia strappata, un'altra a scavalcare il cancello dopo un derby: ultras in campo, il campo sugli spalti. Combattente per noi, combattiamo per voi. Difesa e attacco, uomo al servizio della squadra, lotta e governo, elementi primordiali e opere d'arte. (...) Dal Merseyside amaro anche nel 2018 e da quel 30 maggio. Perché c'è sempre un ritorno. E quello nel segno del Capitano di oggi parla di un altro "maledetto" Liverpool da piegare.(...) Ma non c'è alcun senso di colpa in queste generazioni che si uniscono in questi giorni frizzanti, con una nuova (forse inedita) consapevolezza, nel nome del numero 16. C'è piuttosto il suo senso di Coppa. (...) E domani diventerà il romanista più presente di sempre, escludendo anche i preliminari (che non si capisce mai se sono da conteggiare o meno). Tanto per mettere d'accordo tutti. Che accada proprio contro il Liverpool forse è un segno del destino che vuole chiudere i cerchi. O forse c'entra poco il caso. È una bandiera che lo impone.