(...) La Fiorentina qui è anche fortunata, sembra un credito con il destino. La Roma colpisce un palo e due traverse, però non perde soltanto per la malasorte. E nemmeno perché ha in testa la Champions. Più possibile che l’abbia nelle gambe, ma si parla della partita passata, non di quella che deve venire.
La Roma non ha cattiveria e lucidità, anche se la ripresa è tutta sua, con gli altri asserragliati in area. Viene fischiata e adesso la poltrona da Champions è in pericolo: l’Inter oggi può sorpassare; domenica è in programma il derby, che a tutti i significati ansiogeni aggiunge anche il fatto di essere uno scontro diretto. Fra l’altro la Roma in questo stadio colleziona brutte figure: è la sesta sconfitta interna in campionato, più una in Coppa Italia. Settant’anni fa arrivò a otto in A.
«Purtroppo si guarda soltanto al risultato», dice Eusebio Di Francesco, forte anche degli 8 tiri in porta a tre e dell’11-0 riguardo ai tiri fuori. Ma contano anche alcune scelte: senza Perotti e Under, con anche De Rossi, Kolarov e Florenzi in panchina, Juan Jesus è l’esterno sinistro in difesa, davanti a lui El Shaarawy. Jesus, pure senza danni, non può spingere come il serbo, entrato nelle ripresa come Florenzi. Gli «assistenti» di Dzeko non trovano profondità e conclusioni adatte: Defrel dura un tempo, poi tocca a Schick e pure lui colpisce la traversa. La Roma finisce a 4-2-4, ma Sportiello, Pezzella e la difesa a cinque di Pioli (da metà ripresa) non si fanno superare. (...)
(gasport)