IL TEMPO (E. MENGHI) - L’attacco della Roma non vale la Champions. Se la difesa primeggia in Serie A, Dzeko e compagni sono sesti nella classifica dei gol segnati, 27 appena, dietro alla prolifica Juventus (41), ma anche a Napoli, Lazio, Inter e Sampdoria. I numeri sono lo specchio di quello che Di Francesco definisce «il difetto che ci portiamo avanti fin dall’inizio», e ha ragione: in 21 incontri 4 volte i giallorossi sono rimasti a secco e in 7 occasioni si sono accontentati di segnare una sola rete, che non sempre è bastata per vincere, come nel ko con l’Inter e nel pari di Genova. Undici partite da «under» e altrettante senza subire gol, a conferma di una Roma a due facce, che tanto fa bene dietro quanto pecca di cattiveria davanti. Certo non si può dire che non ci provi a fare centro, ieri ha tentato 26 tiri (record fuori casa), di cui 8 nello specchio, tutti parati, ma al di là dei miracoli di Sorrentino versione Benji del famoso cartone animato, il 40% di precisione è troppo poco per una squadra che vuole stare al vertice. Di Francesco le ha provate tutte, il calo fisico di Dzeko lo ha spinto a schierare Schick prima punta nell’undici titolare, salvo poi ricorrere al suo bomber, spostando il ceco a destra e sbilanciano la squadra con gli ingressi di Under e Perotti. Più attaccanti in campo, stesso risultato: 0 gol. Il test senza il bosniaco non è andato a buon fine, chi era chiamato a non farlo rimpiangere ha deluso, a partire da El Shaarawy, goleador di riserva che stavolta ha «steccato». «Non c’è solo Dzeko che deve segnare. Il centravanti deve fare più gol, è vero, ma ce li aspettiamo anche dagli altri», dice Di Francesco distribuendo le responsabilità.
Schick è appena tornato ed è in qualche modo giustificato dal ritardo di condizione, Perotti ha fatto gol pesanti in ottica Champions League ma non è certo un finalizzatore, Gerson sta prendendo confidenza col ruolo d’esterno offensivo e viaggia ad alti e bassi, mentre i centrocampisti salgono sul banco degli imputati perché hanno contribuito alla causa con appena 4 gol (due di Nainggolan, uno di Pellegrini e uno di Strootman). «Non c’è stata partita – commenta Eusebio – per le dinamiche della gara. Sono felice di aver creato tanto, meno di aver concretizzato poco. Siamo stati poco cattivi e determinati: devi fare gol se vuoi ambire a qualcosa di più. La squadra c’è, ma a tu per tu col portiere si deve segnare. Manca ancora qualcosa per diventare grandi, la cattiveria va allenata. Meritavamo i 3 punti, è solo per colpa nostra che non abbiamo vinto». E proprio mentre Di Francesco racconta i limiti offensivi, a Liverpool Salah segna il diciannovesimo gol in stagione, ricordando alla Roma cosa si è persa. «Momo» non è stato effettivamente rimpiazzato e il tormentone estivo dell’esterno in grado di saltare l’uomo è tornato d’attualità anche in una recente conferenza del tecnico romanista, che coltiva ancora il sogno di mercato di veder arrivare un uomo capace di fare la differenza. Un vero vice-Salah. A Monchi, se potesse, chiederebbe questo più che un nuovo contratto per prolungare la permanenza sulla panchina giallorossa: «Ci siamo accordati con una stretta di mano, vivo ancora di queste cose. Spero di incontrare sempre persone oneste nel mio cammino, com’è accaduto finora, sono stato fortunato». Magari lo sarà anche oggi, quando a Nyon verrà estratto dall’urna il nome della prossima avversaria della Roma in Champions: «Se arriverà il Real Madrid pazienza, troveremo sicuramente qualcuno con qualità importanti».