IL MESSAGGERO (S. RIGGIO) - Nella sua prima conferenza ad Appiano Gentile, Luciano Spalletti pensa in grande: «Voglio riportare l’Inter nella posizione che le compete». Per centrare l’obiettivo bisogna dare identità e gioco alla squadra: «Ho pensato a un 4-2-3-1, ma dobbiamo essere pronti a fare altre cose. La mia avventura qui? Tutti me ne parlano come una bega, ma è la bega più bella che potesse capitarmi».
IL PASSATO Vincere non sarà semplice: «Quando incontri la gente, tutti si chiedono come è possibile avere un’Inter fuori dalle coppe in questi anni, come fosse uno scandalo. Da fuori anche a me è parso così, ho voluto partecipare a questo periodo di difficoltà per avere poi una reazione importante e corretta. Io non sono più bravo degli altri, di tutti gli allenatori che mi hanno preceduto, ma sono differente. Si lavora a modo mio perché mi fido del mio modo di fare». Senza dimenticare gli anni passati alla Roma: «Conosco bene i miei ex giocatori. Manolas, Ruediger, Dzeko, Strootman e Nainggolan sanno qual è l’obiettivo da portare a casa». Sull’addio: «L’Inter mi ha contattato quando stava per finire il campionato. Contatti che si fanno e voi siete bravi a scoprire. Ma se accetti questo contatto, è chiaro che si fa un discorso diretto. Io non ho voluto farne finché non è finita la storia con la Roma. Totti? Ero diventato quello che divideva anziché unire. Si è verificata questa contrapposizione per cui l’amore per il calciatore che ha fatto la storia ha prevalso sul sostegno che doveva esserci per la squadra. Se non riesco a mettere d’accordo queste due cose a Roma, vuol dire che non ho fatto bene il mio lavoro». Spalletti è pronto a sfidare la Juventus: «L’anno scorso non ho visto tutta questa differenza di punti tra loro e l’Inter. Certo, la Juve va rispettata, ma il rispetto non va confuso col timore»