IL MESSAGGERO (G. LENGUA) - Le campagne di sensibilizzazione, gli appelli delle istituzioni e le squalifiche non sarebbero bastati a sconfiggere la piaga del razzismo in Italia. A sentire Antonio Ruediger il problema esiste e non si è fatto abbastanza per risolverlo: il centrale tedesco durante la stagione appena terminata è stato oggetto di cori discriminatori da parte dei tifosi della Lazio e, come se non bastasse, di dichiarazioni non proprio diplomatiche pronunciate dal collega Lulic: «Due anni fa a Stoccarda vendeva calzini e cinture e adesso fa il fenomeno». Una situazione che non ha lasciato indifferente il difensore, adesso in ritiro con la nazionale tedesca impegnata in Confederations Cup (lunedì in programma la partita con l’Australia): «Mi hanno fatto dei ‘buu’ in diverse partite, con tanto di ‘uh, uh, uh’, ma non è successo nulla. Per me è incomprensibile, qualcosa va fatto. L’arbitro dovrebbe riferirlo allo speaker dello stadio per fare un avvertimento. Se non cambiasse nulla si dovrebbe interrompere la partita. Siamo nel 2017, ci sono tanti manifesti con lo slogan ‘No al razzismo’, ma in Italia non ci sono stati molti cambiamenti. Con tutto il rispetto, è facile parlare per le persone che non hanno il nostro colore della pelle, facile dire che dovremmo rimanere calmi. Non sapranno mai cosa si prova».
L'ATTACCO - Un duro attacco a Lega e Federazione che hanno l’obiettivo di sollecitare l’inasprimento delle squalifiche per razzismo, dato che Roma è la città in cui Toni ha deciso di crescere e la Serie A il campionato in cui tentare di vincere: «Ho visto sviluppi positivi, specialmente nelle due milanesi che possono essere più forti. Il gioco è molto tattico in Italia. Sochi? È bella, ma Roma rimane molto meglio». Razzismo a parte.