IL TEMPO (G. CHERUBINI) - Artisti del calcio, la storia l’hanno scritta loro. È la magia del numero 10, è la classe di quelli più creativi, i giocatori in grado di spostare gli equilibri. Basta un tocco morbido, una giocata da fuoriclasse, oppure un assist geniale. Per i tifosi sono insostituibili, rappresentato la follia, il fascino che può trasmettere un direttore d’orchestra. Roberto Mancini e Francesco Totti hanno la fantasia nel sangue, si sono incrociati sul campo per qualche anno, insieme hanno partecipato al derby più spettacolare degli ultimi 20 anni. Era il 28 novembre del 1998 e Lazio e Roma pareggiarono 3-3. Il 10 biancoceleste realizzò una doppietta stellare, il capitano giallorosso invece riuscì a siglare la prima rete in una stracittadina. Corsi e ricorsi storici, per Totti contro il Genoa sarà l’ultima gara con la maglia della Roma, continuerà la carriera da un’altra parte. Per affiancare il direttore sportivo Monchi infatti c’è ancora tempo, magari un giorno potrebbe anche intraprendere la strada da allenatore. Proprio come ha fatto Mancini, tra i migliori tecnici italiani, alla ricerca di una nuova sistemazione dopo il fallimento con l’Inter. L’ex nerazzurro ha commentato attraverso le pagine de Il Tempo il cammino calcistico di Totti, tra qualche ricordo passato e un rimpianto mai nascosto: «Che peccato non aver mai allenato Francesco».
Mancini, cosa ha rappresentato Totti per l’Italia?
«Tanto, Francesco è diventato anche Campione del Mondo nel 2006, si tratta di un traguardo incredibile. Parliamo di un calciatore magnifico, un fenomeno che ha lasciato un’eredità pesante. Molti ragazzi si sono ispirati a lui, il suo addio alla Roma lascerà un bel vuoto».
Per Mancini che avversario è stato?
«Ci siamo affrontati per qualche anno, lui è più giovane di me. Mi fa piacere che fu proprio mister Boskov-persona fondamentale per la mia crescita – a lanciarlo nel grande calcio. Io per Totti ho sempre avuto un debole, abbiamo portato sulle spalle lo stesso numero, le sue giocate erano le mie. Appena ha iniziato vedevo in lui me stesso, ho sempre avuto un’ammirazione particolare. Non posso che fare i complimenti ad un calciatore che ha dato tutta la sua vita ad una sola squadra, che a 40 anni è ancora in campo».
Con la Roma però non è finita bene…
«Io non so come sono andate precisamente le cose tra lui e la società quindi non posso aggiungere niente. È soltanto molto triste quando un giocatore della sua classe smette.
Francesco è stato uno dei più grandi campioni della storia recente del calcio».
Totti-Mancini, avrebbe funzionato come coppia in campo?
«Francesco è un giocatore fantastico, in cui spesso mi sono riconosciuto, non è un mistero. Ha avuto un grande coraggio a continuare, io alla sua età ero già in panchina da molto tempo. Ecco, lo dico: ho il rimpianto di non averlo mai allenato, mi sarei divertito moltissimo, soprattutto nelle partite in famiglia».
Quale sarà l’evoluzione del numero 10?
«Magari in alcuni momenti si potrà giocare con una punta classica, come Totti, oppure a volte potrà diventare la seconda punta come spesso avviene nelle squadre alla ricerca di maggiore equilibrio. Però è chiaro che se la squadra dispone di un grande giocatore, di un numero 10, oltre ad avere due grandi attaccanti, credo abbia già una straordinaria base di partenza. Basta vedere il Barcellona con Neymar, Suarez e Messi, che può essere un numero 10: con elementi di questa qualità e di classe si parte sempre in vantaggio».
Che futuro vede per Totti?
«Dovrà decidere lui, non so se continuerà, non mi permetto di giudicare. Io sono del parere che i grandi campioni debbano scegliere da soli cosa fare».