“Gesto vigliacco, manca la cultura sportiva”

06/05/2017 alle 16:37.
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LA REPUBBLICA (M. MENSURATI) - Il tono è più dispiaciuto che altro. Dino Zoff, campione del mondo nell’82, già allenatore e presidente della Lazio tra il ‘90 e il ‘97, nonché monumento vivente del calcio italiano, ha la voce rassegnata di chi ormai considera la barca bella che affondata.

Il problema è che la barca, sembra di capire, non è il calcio italiano, ma proprio il Paese. «Il punto — spiega — è che dovremmo ricominciare tutto dalle basi. Ma, mi domando, pensiamo davvero di essere ancora in grado di farlo?».
Zoff, come commenta il caso dei manichini dei calciatori della Roma appesi a un ponte davanti al Colosseo?
«Semplice, sono cose che non esistono. Che non devono esistere. Sentivo dire da qualcuno che “stiamo oltrepassando i limiti”, ma la verità è che i limiti li abbiamo già belli che passati, e pure da un bel po’ di tempo. E, in un certo senso, fasciarsi la testa oggi, davanti a questo eccesso, non ha molto senso».
Vuol dire che cose del genere sono sempre successe nel calcio?
«Magari non in queste forme riprovevoli. Magari non con episodi così eclatanti. Però non è la prima volta che assistiamo a gesti simili. E, però, per una qualche forma di sciatteria, di pigrizia mentale, abbiamo sempre fatto in modo di digerire tutto. Per questo, oggi, penso che tutto questo stupore abbia anche un po’ il sapore di una piccola ipocrisia. Scandalizzarsi è giusto, per carità, ma insomma, è molto semplice».
Ma che cosa c’è di tanto malato nel mondo del calcio che porta la gente ad azioni assurde come questa?
«Io non penso che il problema, alla fine, sia solamente del mondo del calcio. Certo, il calcio favorisce alcune logiche di branco. E si sa che il branco fa uscire il peggio delle persone, conducendo a comportamenti vigliacchi e, il più delle volte, assurdi o solo insensati. Però a ben guardare la questione va molto oltre, e ci riguarda tutti. Riguarda quello che siamo in grado di comunicare alle nuove generazioni; e parlo di noi come singoli, come famiglie e come istituzioni. Oggi siamo qui a parlare dei manichini del Colosseo perché, è chiaro, un gesto così simbolicamente violento collegato al calcio colpisce. Ma avete visto che cosa è successo a Monopoli? Che domande vogliamo porci davanti a due ragazzini che spingono in mare due pensionati? So benissimo che sono casi diversi, ma alla fine il tema è lo stesso. Ed ha a che vedere con i valori che riusciamo a trasmettere. La mia impressione è che arrivati a questo punto dovremmo ricominciare tutto da capo. E purtroppo non sono sicuro che siamo in grado di farlo».
Lei vive a Roma ormai da quasi 30 anni. Pensa che il problema nella Capitale sia più accentuato rispetto al resto d’Italia?
«No, non credo. È un po’ ovunque così. Ripeto: guardate che cosa è successo a Monopoli».
A Torino Buffon ha usato parole molto dure nei confronti dei tifosi che hanno infangato il ricordo del grande Torino.
«Un altro gesto riprovevole. Diverso, anche questo, da ciò che è accaduto a Roma, ma che riporta poi alla stessa origine. Nel caso specifico parliamo di totale mancanza di cultura sportiva, oltre che di semplice buon senso».
Ma un calciatore come vive situazioni come queste?
«I calciatori sanno benissimo che ormai questo fa parte del gioco. Che la loro incolumità è fuori discussione e che, alla fine, si tratta solo di esagitati. Il problema non è dei calciatori, no, il problema è tutto nostro».