LEGGO (R. BUFFONI) - Qui non c’è nessuno che mette in dubbio la «pubblica utilità dell’opera» e più i giorni passano più non si capisce perché non arrivi, se non un «sì», almeno un segnale positivo. No, lo stadio stavolta non c’entra. Qui parliamo del rinnovo del contratto di Luciano Spalletti con la Roma. I fatti sono noti: l’accordo tra Pallotta e il tecnico toscano, stipulato 13 mesi fa a 3 milioni netti, scadrà il prossimo 30 giugno. Sulla questione il club si è pronunciato finora in maniera molto diplomatica, mentre Spalletti ha dato risposte a dir poco enigmatiche. «La penna per firmare il mio rinnovo ce l’hanno i calciatori: se si vince bene, sennò bisogna andare via. La Roma bisogna meritarsela». Oppure: «Il mio contratto non conta. Parliamo di quello dei calciatori. Io resto se sarà rinnovato anche il contratto di Totti». Ormai è marzo. Il futuro dell’As Roma dopo il sì del Comune allo stadio non ha più nuvoloni neri all’orizzonte. La squadra vola, può ambire a vincere qualcosa e come tutte le squadre ambiziose deve poter programmare il futuro prossimo venturo.
LA gestione Spalletti è diventata la più redditizia della storia giallorossa: 2,33 punti a partita. Dzeko, Emerson e Nainggolan, che per ragioni diverse sembravano cause perse, oggi sono oro. In definitiva, questa Roma è un capolavoro. E i capolavori vanno firmati.