LA REPUBBLICA (G. VITALE) - Un vincolo di tutela sull’ippodromo di Tor di Valle: ecco la novità in grado di riportare la pace in casa cinquestelle al termine dell’ennesima giornata di passione. Iniziata di buon mattino, allorché Beppe Grillo riceve una telefonata e capisce che a Roma ne hanno combinata un’altra: «Di nuovo? Così però ci facciamo male», sbotta. Gli hanno appena letto il post che Roberta Lombardi ha pubblicato su Fb: «Io non ci sto a vedere la mia città martoriata per soddisfare la volontà di qualche imprenditore. Bisogna annullare subito la delibera che stabilisce la pubblica utilità» dello stadio giallorosso, nient’altro che «una grande colata di cemento», un «piano di speculazione immobiliare in deroga al piano regolatore». Ci risiamo. Anche sulla costruzione del mega complesso sportivo e commerciale alla periferia sud della capitale, 900 mila metri cubi per 1,4 miliardi di investimento privato autorizzati dalla giunta Marino, il Campidoglio a trazione grillina annaspa e rischia di affondare l’intero Movimento. La base è in rivolta, la maggioranza spaccata, i vertici schierati a difesa di un progetto controverso, ma difficile da bocciare. Sul quale, tuttavia, la Soprintendenza statale ai Beni archeologici ha appena avviato l’iter per imporre il vincolo su tutta l’area intorno all’ippodromo di Tor Valle, il prezioso manufatto firmato dall’architetto La Fuente per le Olimpiadi del ’60, che la nuova edificazione prevede di cancellare. Una decisione sufficiente a chiudere la partita senza costringere la giunta Raggi a sporcarsi le mani. «Evvai, così salta tutto», esulta a sera il vicesindaco Luca Bergamo. Al mattino, però, Grillo non lo sa. E dopo aver letto il post di Lombardi tuona: «Adesso basta! Basta con le liti, con le divisioni, con le opinioni che servono solo a rinfocolare le chiacchiere sul M5S. Ora ciascuno faccia il suo». Perciò è necessario che lui lunedì scenda a Roma, forse per incontrare Virginia Raggi dopo mesi di gelo, di certo per sedare la sommossa in Campidoglio.
Prima però occorre invitare tutti a una maggiore cautela: e infatti «questo dibattito è surreale», frena via radio Luigi Di Maio, «noi non siamo mai stati favorevoli al progetto iniziale, ma è in corso una trattativa per cercare di coniugare i nostri valori con la possibilità di portare a termine l’opera ». Per poi lanciare l’ennesimo altolà: «Sullo stadio decidono la giunta e i consiglieri. I parlamentari pensino al loro lavoro» scrive il fondatore sul blog. Sa bene Grillo che a palazzo Senatorio la maggioranza è dilaniata. Che quasi tutti i 29 consiglieri sono orientati a spedire “l’ecomostro” su un binario morto. Forti di vari pareri legali, fra cui quello dell’ ex giudice Imposimato. Un clima pesante, che la romanissima Lombardi – deputata fra le più legate al territorio – ha fiutato e cavalcato, anche a costo di consumare un altro strappo col capo. Una strategia che, paradossalmente, finisce per avvicinarla alla sua “arcinemica“. Spiazzata dalla rivolta interna, Raggi ha infatti cominciato a vacillare sulla prosecuzione di un progetto da lei stessa criticato quando stava all’opposizione. Scoprendosi presto stretta tra due fuochi: quello anti-stadista acceso dalla sua maggioranza e quello favorevole («perché non possiamo dire sempre no») sostenuto dai parlamentari Bonafede e Fraccaro, i due tutor spediti da Di Maio a supportarla. Tant’è che «i dubbi espressi dalla sottoscritta sono gli stessi espressi da Virginia sul blog di Grillo», si affretterà più tardi a precisare Lombardi. Trovando una laconica conferma nella parole della stessa sindaca, scesa in piazza per abbracciare il gruppetto di fan venuti a testimoniarle vicinanza e affetto: «Lei ha detto che ha le mie stesse perplessità», chiude l’incidente Raggi. A sera sarà la Soprintendenza archeologica a mettere d’accordo tutti. A risolvere forse l’ultima contraddizione di un Movimento costretto a governare.