IL FATTO QUOTIDIANO (A. MANAGO') - Ha lasciato. Dopo sei giorni passati sulla graticola Paolo Berdini getta la spugna e lascia la giunta di Virginia Raggi. È il terzo assessore a saltare in otto mesi di Campidoglio a 5 Stelle. Stavolta, chiarisce l'urbanista, le sue dimissioni sono "irrevocabili" perché "sono venute a mancare tutte le condizioni per poter proseguire il mio lavoro". La sua uscita di scena è dura, polemica: "Mentre le periferie sprofondano in un degrado senza fine e aumenta l'emergenza abitativa, l'unica preoccupazione sembra essere lo Stadio della Roma". Una slavina innescata dal colloquio dell'ex assessore all'Urbanistica con La Stampa, pubblicato la scorsa settimana, in cui Berdini si lascia andare a valutazioni pesanti sulle competenze della sindaca. Soprattutto, adombra il sospetto di una relazione tra la Raggi e l'ex capo della segreteria politica del Campidoglio Salvatore Romeo.
ACCUSE che minano la fiducia della sindaca nel tecnico, il più stimato e conosciuto tra i suoi assessori, con un lungo passato di militanza a sinistra. Ma il vero strappo tra Berdini e la Raggi si è consumato sul progetto dello stadio di proprietà dell'As Roma, l'investimento privato più grande progettato al momento in città. Un'operazione da 1,5 miliardi di euro per uno stadio da 49 mila metri quadrati, un business park da 336 mila metri quadrati e un parco pubblico, oltre alle opere di mobilità e quelle idrogeologiche. Tutto a carico dei proponenti. È il progetto più discusso in città da mesi. E l'ultima voce critica sarebbe quella dei comitati tecnico scientifici del Mibact, che avrebbero espresso un parere negativo sull'opera. Per Berdini l'area individuata a Tor di Valle, acquistata dalla società Eurnova del costruttore Luca Parnasi, è semplicemente "folle" e le cubature sono eccessive. Non ne avrebbe accettate più di 63 mila. Una cifra che, di fatto, obbligava a rinunciare alle tre torri e al centro commerciale adiacenti allo stadio previste dal progetto. Così, dopo aver passato tutta la vita a sottolineare i danni provocati dal sacco edilizio di Roma, Berdini è entrato in rotta di collisione proprio con l'economia del mattone.
LA RAGGI invece ha scelto questa operazione per rilanciare la sua immagine di fronte ai ceti popolari e alla finanza cittadina dopo otto mesi in Comune vissuti tra inciampi sulle nomine e un'azione amministrativa mai decollata. Dall'incontro avvenuto ieri tra giunta, club e costruttori filtra ottimismo, si può chiudere entro il 3 marzo con un taglio delle cubature attorno al 20 per cento e l'aggiunta di maggiori certificazioni su bioedilizia e tutela del verde. "Adesso basta, abbiamo sorvolato sui pettegolezzi da bar, prendiamo atto che l'assessore preferisce continuare a fare polemiche piuttosto che lavorare. Noi andiamo avanti", il commento a caldo della sindaca. Del resto gli ingredienti per questo finale c'erano tutti. I consiglieri del Movimento hanno più volte criticato Berdini perla sua mancanza di dialogo e collaborazione. Anche i militanti di base, pur critici in questi giorni per l'assenza di condivisione da parte della giunta sulle scelte più importanti, tanto da proporre un referendum on line, sembrano dello stesso avviso. "Berdini ci ha detto bravi quando gli abbiamo presentato una proposta di delibera per annullare quella attuale e ripartire da capo, invece se la è tenuta in tasca", sostiene Francesco Sanvitto del tavolo M5S sull'urbanistica.
ORA LA RAGGI deve accelerare per individuare un sostituto a cui affidare la pesante delega all'Urbanistica, che da giorni ripete di non voler assumere. A quanto filtra, potrebbe chiudere la partita in settimana orientandosi su un docente universitario, pare romano. Mentre l'altra delega affidata a Berdini, i Lavori Pubblici, potrebbe essere assegnata ad una donna in un secondo momento.