IL MESSAGGERO (S. CANETTIERI) - Salvo. Ma commissariato. Paolo Berdini rimarrà assessore, ma dimezzato e azzoppato. Niente cacciata, nonostante l'articolato pensiero politico e personale contro Virginia Raggi («E' inadeguata, con Salvatore Romeo erano amanti»). Alla fine la sindaca grillina si è arresa alla realtà: troppo complicato in questo momento trovare un sostituto del titolare dell'Urbanistica e dei Lavori pubblici. La storia di questi mesi qualcosa ha insegnato: ci sono caselle vacanti da settembre (il capo di gabinetto) e per trovare il responsabile del Bilancio, dopo Marcello Minenna e il pasticcio di Raffaele De Dominicis, ci vollero trenta giorni. Troppo rischioso nuove avventure adesso. Soprattutto alla vigilia di scelte campali per l'amministrazione: su tutte quelle per lo stadio della Roma a Tor di Valle.
IL BLITZ Ieri sera Raggi, davanti allo stupore della propria maggioranza, ha sciolto la «riserva» con la quale aveva respinto le dimissioni di Berdini ieri l'altro. «Il livore è tanto - è stato il ragionamento della prima cittadina - ma in questo momento devo pensare al bene della città». Tradotto: non può permettersi di perdere Berdini, nonostante l'abbia appunto offesa («E' impreparata strutturalmente») e infangata («E' circondata da una banda, una corte dei miracoli»). La formula escogitata dal Campidoglio - con la piena consapevolezza dei vertici M5S, Grillo in primis - recita così: ci sarà un gruppo di affiancamento a Berdini. Questo nuovo staff vaglierà gli atti pregressi e futuri. «Paolo mi ha già mentito più volte, vediamo se lo ha fatto anche sul lavoro, vediamo cosa ha fatto finora».
Tra i nomi che si fanno come possibile tutor c'è quello di Carlo Cellamare, urbanista, docente universitario alla Sapienza. In questa nuova fase, dal destino ancora tutto da scrivere, Berdini è destinato a perdere comunque la delega ai Lavori Pubblici a favore di Paola Cannavò, architetto paesaggista. Ufficialmente, ancora una volta, si «vagliano i curricula». Ma la decisione ormai è presa. «Gli abbiamo dato un cartellino giallo», ha provato a scherzare il collega di giunta Adriano Meloni. La svolta ha preso in contropiede i consiglieri pentastellati che ieri si aggiravano per l'Aula Giulio Cesare con lo scalpo politico dell'urbanista tra le mani. Indiavolati per l'ennesima bufera. Tipo Pietro Calabrese: «L'audio? Ascoltiamo il prossimo Lp dell'assessore, magari sarà più rock». Il capogruppo Paolo Ferrara: «Berdini? Vado a prendere un caffè». Blitz dell'europarlamentare Fabio Massimo Castaldo per pranzo: «Cosa ne penso? Io ho già dato...». Riferimento a quando faceva parte del mini direttorio, ennesimo tentativo di tutoraggio visto in questi mesi e naufragato. Un discreto caos pieno di rabbia. Il tutto mentre si aggirava al primo piano di Palazzo Senatorio Emanuele Montini, già nello staff dell'assessore Paola Baldassarre, per uno scampolo di secondi suggestivi neo assessore. «Ma io rimango segretario generale di Italia Nostra», dirà in serata.
LO SFOGO Dietro a questo gioco dei «nonostante tutto» (sindaca umiliata e assessore che lavora per una persona che non stima) c'è appunto Berdini. Che per 24 ore ha mandato messaggi trasversali in Comune. «Ero un argine contro la speculazione edilizia a Tor di Valle - ha detto a diversi amici nelle ore più buie - ero un punto di riferimento per tanti mondi di sinistra che sono in libera uscita». Un pressing trasversale, rinforzato anche da un nutrito appello di intellettuali di sinistra capeggiato da Alberto Asor Rosa al grido: Paolo è un compagno che sbaglia, ma deve rimanere. Perché «competente, coraggioso, schierato da sempre a favore degli interessi generali contro la piaga della speculazione». E alla fine, in serata, è arrivato l'ennesimo colpo di scena: assessore salvato e per forza perdonato.