Sono giovani, sono cari e sono pure italiani: la Serie A cambia faccia

11/01/2017 alle 16:30.
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IL GIORNALE (L. TALOTTA) - Giovani, belli e talentuosi. E soprattutto molto cari. L'Italia si risveglia cosparsa d'oro, con un patrimonio di calciatori in erba ricco come non mai e dalle valutazioni da capogiro. Il tutto a corollario della riforma voluta dal presidente Figc Carlo Tavecchio ormai due anni fa, che ha costretto i club di casa nostra a puntare in modo massiccio sui talenti locali. Ecco perché improvvisamente ha ripreso quota e vigore il made in Italy ma questa volta a cifre astronomiche, con investimenti massicci che hanno fatto dimenticare tutti quei calciatori provenienti da luoghi esotici che spesso hanno pesato più sul bilancio che in campo.

La virata non può che far felice il ct Ventura, ma più che la Nazionale chi ci guadagna è proprio la Serie A. Perché è lì che devono trovare spazio e acquisire esperienza i giovani. Per poi essere rivenduti con valutazioni inimmaginabili fino a qualche tempo fa. L'ultimo è Gagliardini, che oggi sosterrà le visite mediche con l' pronta a spendere 28 milioni di euro per un calciatore di 22 anni che ha giocato solo 14 partite in Serie A e nulla più. Tanti soldi, forse troppi ma è chiaro che, oltre all'inseguire i migliori talenti, i club sono desiderosi di acquistarli anche in ossequio alla riforma già citata, che limita a 25 i giocatori da poter inserire in rosa con l'obbligo di averne quattro cresciuti nel proprio settore giovanile e altri quattro in un altro vivaio italiano. Tutto questo favorisce il mercato delle squadre piccole, da sempre abituate a crescere in casa i propri talenti. E (legge sacra del mercato) al crescere dell'offerta avviene in automatico il rialzo dei costi dei baby italiani. Non è un caso, infatti, che le cessioni di Caldara alla e del già citato Gagliardini all' abbiano fruttato all'Atalanta 50 milioni di euro.

Il risvolto negativo, ovviamente, nasce proprio da queste valutazioni esagerate, che rischiano d'incidere sul rendimento di chi è ancora da svezzare. Il percorso intrapreso, però, non vale solo per la provincia. Perché anche le big si stanno adeguando come dimostra il Milan, che il 23 dicembre a Doha ha vinto la Supercoppa italiana contro la con il fenomeno Donnarumma tra i pali e ben sette italiani nella formazione titolare, la maggior parte dei quali nati negli anni '90. Ma sarebbe riduttivo analizzare la questione solo come legata al movimento italiano. E indiscutibile come il rialzo internazionale dei prezzi, con Inghilterra e soprattutto Cina grandi protagonisti, stia facendo lievitare il valore dei cartellini: è di qualche giorno fa la proposta monstre dell' da 65 milioni di euro per Belotti del Torino, un giocatore riscattato dai granata dal Palermo per 8,5 e la cui valutazione, solo sei mesi fa, si aggirava sui 10 milioni di euro. Da qualche mese i prezzi sono letteralmente impazziti e questo anche a causa della già citata norma voluta da Tavecchio, croce e delizia del nostro campionato. L'intento di base era sicuramente nobile ma, di fatto, ha prodotto a sua volta un'impennata dei prezzi dei calciatori italiani. Che sono diventati merce rara e preziosa. Rimane da chiedersi se sia moralmente giusto pagare 28 milioni di euro (un terzo del costo di Pogba, ad o il calciatore più pagato nella storia) per il già citato Gagliardini pensando anche ai 38 spesi per dalla e ai 40 necessari all' per portare a Milano Joao Mario, Campione d'Europa in carica con il Portogallo. Il sunto di tutto è che quando un giocatore è talentuoso costa. Come ammesso indirettamente anche dall'ad del Milan Galliani, che dopo la sfida contro il Cagliari ha difeso la sua scelta di spendere 25 milioni di euro per Romagnoli: «Io sono uno che butta via il denaro...». Giovani italiani in rampa di lancio e stranieri pronti all'esodo: Jovetic è diventato un nuovo attaccante del Siviglia, il Milan ha ceduto allo Spartak Mosca Luiz Adriano. Il ds della Corvino era a Milano, ma il Tianjin Quanjian non ha ancora formulato un'offerta per Kalinic.