ILPOSTICIPO.IT (S. IMPALLOMENI) - E’ sempre la solita rincorsa. La Juventus impone il ritmo, le altre faticano a reggere il passo. La Roma pensava di fare un salto oltre la sua ordinaria amministrazione. Higuain la rispedisce nel suo habitat, nel ruolo di degna outsider. L’argentino solca il confine tra due mondi differenti, imparagonabili. A Torino la vittoria è una dolce abitudine, a Roma il rovello continuo. Allo Stadium, gonfio come al solito di tifosi entusiasti, è il consueto inferno. Inferno per gli avversari e paradiso costante per chi sa come portare a casa tre punti fondamentali. Il successo della Juve non è una sorpresa.
Allegri non stravolge, conferma. La partita si sviluppa senza intoppi. Si sblocca quasi subito, si tiene con ferocia il campo, agonisticamente è un duello impari in ogni zona del campo. Sturaro e Mandzukic sono i guerrieri vincenti di una notte che ristabilisce una gerarchia ancora più marcata. La crescita di Rugani in difesa segnala una mentalità straordinaria. Allegri fa le cose per bene, è sempre lucido e si defila regalando il proscenio ai calciatori. L’allenatore livornese ha il merito di semplificare, gestendo le settimane con astuzia e intelligenza. Gli equilibri non li altera, li rafforza, li migliora, recuperando e valorizzando il suo organico. Dall’altra parte, nella serata dello Stadium, l’utilizzo di Gerson è stata al contrario la notizia sorprendente. Tra i tifosi serpeggia incredulità mista ad ironia. Circola stupore a catena. “ Ma davvero gioca Gerson? “, è la frase che accompagna la vigilia. “Gerson, perché?” è la conseguenza finale quasi fiutata, il titolo annunciato. Nessuno ci crede, insomma, tranne Spalletti. Il brasiliano dura un tempo, stordito e frastornato da un calcio più forte di lui. Gerson si farà nel tempo, ma per ora queste sfide non fanno per lui. Non finisce in gloria. Ma la Roma non perde per colpa sua, dunque nessun processo. Si cerca di fare bene, e a volte non si riesce. Spalletti ha creduto in Gerson come sorta di “ diga” da opporre ad Alex Sandro. E invece si trasforma nella falla psicologica e tecnica della serata. Una valutazione errata, tradita dai fatti. Alex Sandro non offende granché, Gerson non attacca e non difende. La sua partita è scolastica, prevedibile, non consegna valori aggiunti. Il resto è caparbio, si conclude in avanti, ma non si tira mai in porta. Qualche mischia adrenalinica in area bianconera. Un tentativo timido di Perotti. Buffon non para quanto Sczczesny. De Rossi e Manolas in occasione dell’episodio decisivo si fanno sorprendere. Sono le altre differenze che spiegano la vittoria della Juventus.
La capolista che vince la sua partita numero 25 di fila in casa si conferma di un altro mondo, pieno e bello rotondo di virtù. Le tante sorprese non riuscite, o riuscite male, ridimensionano i sogni della Roma, che si congeda dalla supersfida tra rimpianti ed errori gratuiti. La Roma avrebbe potuto e dovuto fare qualcosa in più. Ma non è andata così, anche perché la Juve non perdona neanche quando pensi che sia attaccabile. La Juventus resta in testa. Più forte di prima. Con prospettive di crescita. La Roma, invece, brucia di rabbia e si interroga. Bisogna pensare ancora allo scudetto o sarebbe meglio blindare il secondo posto, visto che Napoli e Lazio sono lì a un solo punto di distanza? Sarei per non mollare una visione, per consolidare una realtà. Il secondo posto è il vero obiettivo da difendere. Con il Chievo, intanto, non sarà così facile come sembra.