IL TEMPO (E. MENGHI) - In casa la Roma è padrona del suo destino, fuori le viene il «vizietto» e le capita spesso di complicarsi la vita. Stasera all’Olimpico contro il Pescara terzultimo in classifica, capace di ottenere un solo successo in 13 giornate, sembra tutto fin troppo facile e Spalletti si è preoccupato di non abbassare la soglia di attenzione di una squadra che manifesta cali di tensione poco raccomandabili quando c’è da rincorrere una big come la Juventus, scappata a +7 dopo lo scivolone dei giallorossi a Bergamo e da riagganciare il Milan vittorioso ad Empoli. «La responsabilità dei crolli mentali – assicura il tecnico toscano– è solo mia. Un allenatore può determinare molto, tutti poi si deve essere convinti di poter incidere. Poi una partita di calcio dipende da quello che mettono i giocatori in campo: fanno loro la differenza». In panchina si sono susseguiti tanti nomi, anche prestigiosi, che da altre parti hanno vinto mentre qui non ci sono riusciti: «Non ci avevo fatto caso, ma effettivamente metterebbe un po’ di timore a vederla da fuori. Se la Roma mi richiamasse tornerei lo stesso. La partita col Pescara è insidiosa perché a volte le cose quando le fai facili poi diventano pericolose». In questo la Roma è maestra, ma è stata altrettanto brava a non farsi risucchiare troppe energie dalle coppe finora, dato che solo in un’occasione – a Firenze – ha subito un ko dopo il turno europeo: «Veniamo da una partita che sotto l’aspetto mentale ci ha tolto tanto, con il Plzen era fondamentale vincere per andare alla casella successiva. È passato poco tempo e abbiamo usato giocatori importanti, abbiamo buttato via energie, per cui ora dobbiamo fare molta attenzione».
Sulla carta non c’è storia, i giallorossi vantano un attacco atomico, con ben 47 gol segnati in questa stagione, di cui 30 in campionato. Il Pescara non trovala rete da 4 gare consecutive, ne ha subiti 7 negli ultimi 180 minuti tra Empoli e Juventus e non vince da agosto. I numeri sono da retrocessione, mail vero esame perla Roma è con se stessa e con i suoi limiti di personalità: «Penso sia difficile allenare questa caratteristica, ma non parlarne può essere d’aiuto. Se si stimola un difetto che viene soprattutto dal pensiero, la troppa attenzione che metti in un determinato momento fa sì che sbagli ancora di più. Se invece arrivi tranquillo e con più fiducia degli ultimi episodi che ti sono successi è più facile. Ci sono momenti che fai gol sempre e altri in cui non lo fai per tre mesi. L’essenziale è che il giocatore abbia nel DNA la qualità, l’estro e il genio di fare gol. Poi la personalità è un’altra cosa, è un modo di essere dentro un contesto di situazioni di vita, è la qualità di stare zitto al momento che hai tante cose da dire. È quello di avere la qualità di prendere un calcio che ti dice di reagire, invece incassi e stai zitto perché porta vantaggio. Si può anche tentare di stimolare i ragazzi per mettere il qualcosa in più di cui abbiamo bisogno». C’è del lavoro da fare anche sulle palle inattive: «È una cosa che dobbiamo assolutamente tentare di migliorare, gli altri fanno meglio di noi. Il Pescara ha giocatori forti in queste situazioni e ha molti ex, come Caprari, che saranno più motivati. Bisognerà sudarsela».