LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Da Edin Cieco a Edin Dzegol: basta un mese alla Roma per trasformare un anatroccolo in un cigno. I due gol al Napoli segnano la resurrezione definitiva del “vero 9”, il centravanti che ha messo in cantina il modulo senza punti di riferimento con cui Spalletti aveva costruito la rimonta nella seconda parte della scorsa stagione. Alla Roma che batte il Napoli, lo supera e si prende il secondo posto solitario (in attesa delle gare di oggi), servivano i gol. Quelli di Dzeko. Diventato improvvisamente una garanzia. Nell’ultimo mese, in Europa, soltanto Edinson Cavani ha segnato molto più di lui: 7 i gol del gigante di Sarajevo in 8 gare giocate da metà settembre a oggi, 5 per la Roma e 2 per la nazionale bosniaca. L’uruguaiano del Psg ne ha realizzati 12. Da metà settembre a oggi, però, l’attaccante della Roma ha inciso più di gente come Neymar, Griezmann, Diego Costa (5 reti) e di Lukaku (4). In due settimane è passato dalle critiche di Torino-Roma, principale responsabile del ko agli occhi dei tifosi per la quantità smisurata di errori sotto porta, agli applausi di Napoli. E del presidente De Laurentiis, entrato a fine partita nello spogliatoio romanista per congratularsi, soprattutto con il numero 9. Curioso retroscena: ad agosto, dopo l’addio di Higuain, De Laurentiis fece anche un timido sondaggio per chiedere Dzeko alla Roma. Per i giallorossi però era impossibile venderlo senza avere un sostituto adeguato per le mani. L’unico a non versare miele sui gol di Edin è curiosamente Spalletti: «Ha fatto bene ma deve fare ancora meglio, nel primo tempo poteva fare altri tre o quattro gol», la sentenza del tecnico. Il primo a sostenerlo quando faticava, il primo a chiedergli di più oggi che vola.
Intanto il primo problema del tecnico è un altro: gli infortuni. A Napoli mancavano Strootman e Bruno Peres, Juan Jesus, Perotti e Nainggolan hanno accusato un risentimenti muscolari (e il belga già non stava bene). La speranza a Trigoria è che si tratti principalmente di crampi, ma soltanto gli esami di oggi escluderanno lesioni che complicherebbero drammaticamente i piani di Spalletti per il futuro. Perché le soluzioni, oggi, latitano: Vermaelen e Rüdiger hanno bisogno di tempo, il tedesco potrebbe andare in panchina il 30 ottobre con l’Empoli ma per rivederlo ad alti livelli bisogna aspettare almeno i primi 10 giorni di novembre. A gennaio arriverà un centrocampista, ma a Napoli sono entrati Emerson Palmieri e Gerson, finora comparse o poco più. A loro dovrebbe toccare di nuovo giovedì contro l’Austria Vienna, insieme magari a El Shaarawy, pure lui in campo per una manciata di minuti al San Paolo, Iturbe e ovviamente Totti: l’obiettivo è recuperare gli acciaccati in tempo per il doppio impegno di campionato, Roma-Palermo del 23 ottobre e Sassuolo-Roma del 26. In qui continuerà ad affidarsi alle certezze: Manolas, monumentale a Napoli sostituendosi addirittura a Szczesny nel primo tempo. E Florenzi, applaudito persino dal portiere polacco dopo un recupero nel finale su Ghoulam.
Proprio Florenzi ha acceso il dopogara. Tornando a sollevare uno degli argomenti più caldi a Roma, da oltre un anno: la questione Olimpico. A Napoli, la Roma ha vinto in uno stadio colorato da 46mila spettatori. Cifre lontanissime dai numeri dell’impianto romano, che da un anno viaggia alla media di 30mila spettatori. «I tifosi del Napoli – dice Florenzi - hanno creato una bella atmosfera. Se a Roma scendesse un marziano e vedesse la situazione penserebbe: perché solo qui ci sono le barriere e in altri stadi no? I tifosi sono rientrati allo stadio senza manifestazioni di violenza quindi adesso aspettiamo che chi di dovere faccia il suo lavoro e ci ridia i nostri tifosi». L’impressione è che a breve, qualcosa, possa muoversi davvero. Sia da parte delle istituzioni, sia dei tifosi “ammutinati”.