IL TEMPO (A. AUSTINI) - Dopo la festa al castello, l'after party si fa sul campo. Totti toglie lo smoking, «ed è stato difficile sfilarselo perché era su misura», e con addosso la maglia di una vita trascina la Roma fuori dalle sue paure. Spalletti lo osserva incantato ma continua a stuzzicarlo perché sarebbe un peccato se Francesco abbassasse proprio adesso la tensione. «Non è stato facile per la squadra passare in due giorni dal compleanno a una partita e cambiare atteggiamento - dice il tecnico tra il serio e l'ironico - la regola vorrebbe che la festa si facesse in un altro momento, ma da oggi torna la "rumba" dell'allenamento pieno: si entra alle 10 a Trigoria e si sta fino alle 18».
Mai stravizi sono stati più benefici per un quarantenne che viaggia come un bambino e sembra ringiovanito di stagione in stagione. «A fine primo tempo - racconta il capitano - scherzavo con il fisioterapista dicendogli che neppure a 25 anni stavo così bene. Le gambe viaggiano e 90 minuti li reggo». E la Roma lo segue come fanno gli scolari con un professore. «Siamo un gruppo unito e volevamo dimostrarlo. Siamo contenti della prestazione perché era importante dare una bella risposta, speriamo di continuare così. L'Inter ha perso? Dobbiamo pensare solo a noi stessi».
La serata è servita a Spalletti anche per testare qualche «riserva» del momento, a cominciare da Iturbe. «È un bravissimo ragazzo, forse anche troppo, ha bisogno di essere sostenuto - spiega l'allenatore - e il pubblico l'ha capito. Se avesse segnato in quella occasione finale avrebbe disputato un ottimo secondo tempo, ma lui ha volte ha timore a prendere le iniziative». Più duro su Gerson, al quale stavolta ha concesso pochi minuti: «In Italia ha difficoltà a fare il trequartista, non ha la velocità di gambe necessaria e fatica nella fase difensiva, mi sembrava che qualche tempo fa avesse più fiducia e stesse facendo meglio di ora. Al momento non ho tante possibilità di dargli spazio, deve essere bravo lui a ritagliarselo e bisogna aspettare ancora un po' di tempo». Ad Alisson invece ricorda che «il calcio è cambiato, mi servono due portieri forti e se uno mi dice che ha bisogno di 25 partite per giocare con tranquillità io gli rispondo: anche io vorrei 20 campionati a disposizione così prima o poi uno lo vinco...».
Intanto c'è da battere l'Inter e poi, dopo la sosta, cercare di resistere all'urto del Napoli al San Paolo. «Se domenica siamo favoriti? Lo pensano anche i giocatori di De Boer - chiude Spalletti - il valore dobbiamo dimostrarlo sul campo e a noi a volte ci viene qualche problema psicologico». Le famose «menti malate» dei giocatori da ieri, forse, lo sono un po' meno.