IL MESSAGGERO (U. TRANI) - La favola, da 25 anni, ha sempre lo stesso lieto fine. Romantico e commovente. E, se proprio vogliamo dirla tutta, vincente. Piangono ancora i più grandi, come tante altre volte in passato e proprio come oggi fanno i più giovani. Solo chi è romanista può capire quanto sia bella questa storia infinita. Perché amettere la firma sulla giornata, l’ennesima che va ad arricchire l’album dei ricordi, è ancora Totti. A 40 anni (da compiere tra 15 giorni), nella stagione in cui festeggia le nozze d’argento con la squadra giallorossa, rimane l’unico giocatore in cui si identifica la tifoseria. Che partecipa appena lo vede in campo, anche solo a scaldarsi vicino la panchina e sotto la Sud. E’ successo nel pomeriggio della gara con la Sampdoria, prima del diluvio e della resurrezione. Il capitano, crocefisso a lungo nella passata stagione e spesso umiliato a parole e nei fatti dal tecnico e dalla società (e, tanto per unirsi al coro stonato, dalla proprietà), ha dato la sua nuova lezione a cielo aperto. Di vita e di calcio. Anche se poi la considerazione più angosciante è un’altra. Perché, se per battere la Sampdoria all’ultimo respiro, 3 a 2 a tempo ormai scaduto, sono serviti i suoi colpi di genio e soprattutto il solito rigore tirato con il cuore in gola quando poi di chance non ce ne sarebbero state più altre, vuol dire che la squadra è limitata nelle idee e nei singoli. Uno della sua età che fa la differenza smaschera le lacune con cui è stata costruita questa formazione, vulnerabile caratterialmente e solo decente tecnicamente.
PRIMO ATTO La Roma, senza Vermaelen e con De Rossi, è simile a quella che regalò al Sant’Elia, il pari al Cagliari nella ripresa, sprecando il vantaggio di 2 reti. Stavolta va subito avanti con Salah, su pennellata di Perotti. Ma si spaventa presto, subendo l’iniziativa della Sampdoria, spigliata con il 4-3-1-2 che Giampaolo ha cucito per il talento di Alvarez e la potenza di Muriel e Quagliarella che, approfittando delle dormite di Szczesny e Juan Jesus, ribaltano il risultato. Fragili i centrocampisti giallorossi: Nainggolan è irriconoscibile, De Rossi si ritira nel guscio e Strootman pedala contro vento. Davanti El Shaarawy è fuori partita. Szczesny, già bravo su Muriel, salva il possibile tris di Quagliarella. LAVATA DI TESTA Grandina sull’Olimpico e, poco ci manca, pure nella porta giallorossa. La gente fischia per il nuovo flop, dopo aver indicato, urlando forte, la discesa in campo del salvatore: Totti-gol. Il jiingle è di buon auspicio. Ma la partita è a rischio per la pioggia. Sospensione di 65 minuti, più i 15 di intervallo. Spalletti ne approfitta. E, capitalizzando la lunga pausa, sveglia i giocatori, eccessivamente timidi e fiacchi nella prima parte. E modifica il piano. La formazione di partenza non convince e lui è il primo a prenderne atto. Insiste con il 4-3-1-2, ma ora è più offensivo. Dentro il capitano per Perotti e Dzeko per El Shaarawy. La doppiamossa sarà decisiva.
SECONDO ATTO La ciambella di salvataggio, con la Roma che rischia di affogare in campo e in classifica, è di nuovo Totti. Che, al debutto stagionale (prima presenza in 5 gare), è subito chic. Non sbaglia un tocco, accompagnato sempre da un applauso. E’ lui che scalda il pubblico. Improvvisamente lo stadio non sembra più vuoto. Anche con appena ventisettemila voci, e nell’Olimpico dimezzato, il tifo può incidere. E spingere i giallorossi alla vittoria. Anche perché adesso c’è il capitano che fa segnare Dzeko e che costruisce occasioni da gol per gli altri. Viviano fa il fenomeno. Su Strootman, su Salah e almeno due volte ancora su Dzeko. Il ritmo è finalmente quello giusto. Dirige il capitano, regista inimitabile del ribaltone. C’è pure Iturbe per Nainggolan, nell’assalto finale. L’ultimo cambio non è però come gli altri due. Somiglia ai tre di Giampaolo chemette Budimir per Muriel, Dodò per Pavlovic e toglie subito l’ex terzino romanista, disorientato e svagato, per Skriniar che farà poi cadere in area Dzeko a fine recupero. Il contatto è lieve. La Sampdoria protesta e Alvarez si fa cacciare per proteste dopo la trasformazione di Francesco che sventola la maglia, la sua bandiera, sotto la Sud. E che, con il gol 249 in A (305 in giallorosso), da 23 anni, usa lo stesso timbro. Dentro la porta avversaria. E, come nello sprint della scorsa stagione ha permesso a Spalletti e ai compagni di giocare il play off per tentare la nuova avventura in Champions, adesso li fa restare in scia della Juve capolista. Gli è bastato un tempo. Da lupi.