ILPOSTICIPO.IT (S. IMPALLOMENI) - A Roma succede l’inverosimile, ma non l’inimmaginabile. Un diluvio da film dell’orrore ferma la partita per oltre un’ora, ma non può nulla sull’eternità calcistica di Francesco Totti, che sembra non avere tempo e fine. La sceneggiatura della domenica più folle che si sia mai vista negli ultimi anni sembra scritta in cielo, o da qualche parte, e porta con sé un lieto fine firmato dallo stesso protagonista. In questo film giallorosso, l’epilogo è succoso come nella precedente puntata e la replica è di livello altissimo. La Serie Totti-gol funziona e, come un anno fa, si ripete. Da Torino a Samp. Sempre nel suo Stadio, nel suo territorio. Da una manciata di minuti a un tempo giocato quasi con disincanto, un tempo terribilmente istruttivo e vincente, semplicemente gigantesco. La Roma non è ancora guarita. Le giocate di Totti ristabiliscono una classifica, animano i tifosi, restituiscono morale, ma non tolgono i dubbi su tutto il resto. Il giudizio, per essere in tema, è sospeso, rinviato ad altre prove.
REPARTO ARRETRATO DA RIVEDERE - La Roma patisce un senso di ansia e di delusione, che va al di là di un Totti che andrebbe valutato contemporaneo, ancora valido, alla stregua degli altri. Il trauma post Champions è il complesso da superare, il nervo scoperto che improvvisamente ridimensiona i valori complessivi, li mette in discussione. I calciatori, e forse un po’ tutti, non sanno esattamente quello che valgono e che vogliono. Il Porto ha aperto una ferita, colpito in fondo. Il problema della Roma è una questione mentale e di mal funzionamento della difesa, che altera le certezze acquisite. Il primo tempo con la Samp manifesta errori individuali e collettivi. Muriel spadroneggia senza volerlo. Quagliarella risolve le amnesie altrui. Ci si continua a fare male da soli. È una specie di autolesionismo perverso da cui si cerca la fuga, ma si attende, quasi con rassegnazione, una verifica annunciata: ossia quella di vedere se i limiti difensivi sono casuali o se sono strutturali. La verità è che tre indizi fanno una prova difficilmente discutibile. La Roma prende gol in ogni modo. I cross laterali, un attacco feroce e veloce a palla bassa, uno svarione sono lame che fendono e non si riescono a limitare. Il reparto arretrato è diventato il punto debole, riconosciuto immediatamente dagli avversari. I difensori puri scarseggiano. I terzini sono ali e non vedono l’ora di attaccare. Non hanno la pazienza di difendere, non contemplano un movimento adeguato in situazione di non possesso. Tra Porto, Cagliari e Samp 7 gol subiti e una precarietà inaspettata. Spalletti si aspettava progressi e invece scopre una squadra impaurita, a due facce, schizofrenica. La partita vinta con la Samp è un’eccezione che però può dare indicazioni positive.
TOTTI UNISCE LA SQUADRA CAMBIANDONE IL LINGUAGGIO - La seconda parte giocata con un furore straordinario dà fiducia, mette in mostra la vera attitudine della squadra, che è ormai condannata ad esprimersi in avanti. Finora è una Roma a metà. Fragile e creativa, senza molta personalità. Spalletti è stato bravo a cambiare, a mettere dentro Dzeko e Totti, a sparigliare il sonno, ad allontanare i pensieri negativi del primo tempo che non va dimenticato. L’avevamo gia’ sottolineato: la Roma va allenata a fondo in difesa. Magari facendo giocare quasi sempre gli stessi uomini. In mezzo al campo, poi, manca una qualità che sia diversa dal tocco di Perotti. Mancano le giocate di Totti, che però non ha sostituti adeguati e che tra poco avrà 40 anni. Spalletti, a fine partita, si auspica di trovarne altri. Un Totti nasce ogni 50 anni e con i tempi che corrono sembra difficile che possa uscirne un altro bravo come lui dal vivaio. Non è possibile, ma in fatto di personalità si può tentare di migliorare la squadra. Strootman e Nainggolan, senza dimenticare De Rossi, sono però giocatori agonistici. Fanno volume, danno equilibrio e trasmettono la carica soprattutto se sono in forma e non garantiscono una varietà in termini di fantasia e di tecnica. Ecco perché il pomeriggio di domenica non è stato casuale. Totti non ha soltanto fatto la differenza perché è un campione, ma perché ha saputo riempire un buco, una mancanza visibile, in mezzo al campo. Totti ha avuto il merito di unire una squadra, cambiandole linguaggio, coprendo il campo abbassandosi, lanciando, sfoderando passaggi precisi e utili. Quelli che servono e mancano ogni tanto, anzi spesso, alla Roma per tenere il passo del Napoli e della Juventus. Sul mercato si poteva fare di più, ma ormai è acqua passata. La Roma anche così e con Totti più coinvolto, ha l’obbligo morale, e non solo, di provare a vincere qualcosa.