LA REPUBBLICA (E. CURRO') - A furia di preparare l’Europeo per due anni, vissuti come un allenatore al confino, eccolo qui, l’evento. Conte è finalmente a suo agio nel ruolo: si gioca per l’obiettivo più importante: «Sento grande orgoglio e grande responsabilità. Un intero paese ci soffia dietro». Perché sia buona la prima, nella città dei fratelli Lumière, stasera la Nazionale non dovrà fare cinema, ma una partita concreta contro il Belgio, che secondo classifica Fifa è la più forte d’Europa, schiera gli artisti Hazard e De Bruyne e può permettersi di lasciare in panchina, ad esempio, Carrasco, Benteke e uno tra Fellaini e Mertens: «Squadra piena di talenti, farà parlare di sé anche nel futuro. E’ tra le favorite. Dell’attacco e del centrocampo è superfluo dire. E in difesa, altro che lacune: c’è gente del Chelsea, del Barcellona, del Tottenham».
Le prime partite hanno confermato che il filo tra vittoria e sconfitta, a questi livelli, è sempre sottilissimo. Diventa dunque fondamentale sua maestà la tattica e in questo non parte certo svantaggiata l’Italia, addestrata dal suo demiurgo agli schemi più sofisticati. Lui tenta di minimizzare: «In tornei così brevi bisogna essere preparati da tutti i punti di vista: tecnico, mentale e tattico ». Se tuttavia sui primi due aspetti il giudizio è sospeso, il terzo, come ammette infine Conte, è il punto di forza di una Nazionale capace di cambiare modulo con totale disinvoltura: «Durante la partita non rimaniamo mai con un sistema fisso, né in attacco, né in difesa. Al camaleontismo siamo arrivati per gradi. Oggi sono sicuro che i concetti siano stati recepiti ».
Il concetto principale è che non esistono giocatori insostituibili, tranne i quattro della difesa juventina. Gli altri ruotano e ruoteranno, attorno all’idea di difendersi con la massima compattezza e di attaccare col maggior numero di uomini possibile. I dubbi sembrano minimi: Darmian favorito su El Shaarawy come esterno sinistro, Eder su Zaza per affiancare il centravanti Pellè. La tentazione di inserire il talentuoso El Shaarawy nasce dal desiderio di sorprendere il Belgio con un surplus di fantasia. Ma il timore di sbilanciare troppo la squadra, assai legata all’estro di Candreva, fa propendere per il terzino Darmian, adeguato contrappeso da opporre ai dribblatori avversari. Il vero pendolo, per cambiare in continuazione sistema di gioco, è Giaccherini, il jolly perfetto. Quando Darmian fa l’esterno del 3-5-2, Giaccherini è mezz’ala. Quando Darmianarretra a terzino della linea a 4 (con Barzagli terzino destro), Giaccherini può avanzare in attacco, a sinistra, nel 4-2-4, oppure arretrare a sua volta a terzino, se prima o poi entrerà in campo El Shaarawy (o Bernardeschi o Insigne). L’esito del ballottaggio tra Eder e Zaza dipende dal criterio che prevarrà oggi tra il maggiore affiatamento dell’oriundo con Pellè e la migliore condizione atletica dello juventino.
Numeri e i nomi non dicono tutto. La visione del primo scorcio di Euro 2016 – la Francia di Payet, il Galles di Bale, la Croazia di Modric – ha alimentato un’angoscia ben dissimulata. Il problema numero uno, più dell’attacco allergico al gol, è il centrocampo, stravolto da infortuni e contrattempi e ridisegnato a tempo di record. L’assenza improvvisa di Verratti e Marchisio ha obbligato il perfezionista Conte all’assemblaggio dei surrogati. Le impietose classifiche dei siti internazionali specializzati nell’analisi tecnica del valore delle 24 rose dell’Europeo, fondate sul rendimento nelle partite di qualificazione e nelle coppe, inchiodano gli azzurri alla debolezza del reparto cuore del gioco. Tolti i centrali De Rossi e Motta (il romanista ha vinto il duello), gli altri quattro titolari della linea a cinque (Candreva- Parolo-Giaccherini-Darmian) vengono considerati inferiori agli omologhi di Germania, Francia, Spagna, Belgio, Inghilterra, Portogallo e Croazia, più o meno sullo stesso piano di Svizzera e Austria.
Gli azzurri si ribellano all’etichetta di peggiore Nazionale del dopoguerra. Conte intende superare la ridotta qualità del palleggio col lancio di prima in verticale per gli inserimenti di punte e incursori: «La verità su dove possiamo arrivare la dirà il campo. Dovremo dimostrare di meritare il risultato senza rimpianti, qualunque esso sia. Altrimenti sarà giusto uscire ». Gli occhiali esibiti ieri sera da Insigne, nel sopralluogo al Parc OL, sembrano l’allegoria di un’Italia in grado di correggersi tatticamente, anche se il Belgio ha un’arma micidiale: la formidabile panchina. A Raisport Conte consegna la ricetta: «Ci vuole la squadra perfetta: guerriera, ma anche capace di usare il fioretto. Ho letto “L’Arte della guerra”, ma pure molti libri di psicologia. Le grandi vittorie della Nazionale sono nate sempre dallo spirito di gruppo: vorrei rubare a Tardelli l’urlo del Mundial».