L’ultima volta che l’Olimpico, in campionato, era pieno, Edin Dzeko ne era il re. Aveva segnato contro il Siviglia in amichevole e i tifosi sognavano. Poi, all’esordio casalingo quel gol con la Juventus, festeggiato sotto una curva Sud che allora era al completo. Sembrava l’inizio di una favola, la storia invece è andata diversamente.
I numeri non sono poi così male (10 gol tra campionato e coppe), ma quello che è mancato, a lui e alla Roma, è stata la capacità di incidere e decidere le partite. Ad Edin è mancata spesso la cattiveria, tanto che ieri Spalletti, ribadendo che lui quando fa la formazione «non ha parenti», ha sottolineato come le sue scelte siano fatte in base agli allenamenti.
Oggi Dzeko dovrebbe di nuovo, partire dalla panchina e sarebbe la nona volta nelle ultime undici: una prova, l'ennesima, che forse il suo futuro è davvero lontano dalla Roma. Lui ha detto che «vorrebbe restare» e che il secondo anno fa «sempre meglio del primo». Anche il ds Sabatini, tre giorni fa, ha aperto le porte a una sua permanenza («Vuole restare alla Roma. Se non cambia idea, resta una risorsa. D’altronde anche al Wolfsburg e al City il primo anno fece fatica»).
(gasport)