IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - L’emergenza, le due partite ravvicinate, Chievo e Milan, le pressioni naturali (Garcia ultimamente in modalità graticola), quelle indotte (l’annullamento di una seduta di lavoro finita nel mirino dei tifosi, scatenati contro l’allenatore troppo buono) e il conseguente sfottò da parte dei tifosi. L’anno calcistico ricomincia come era finito, con la Roma costretta a vincere e il suo allenatore sempre intento a salvare il posto. Sempre sotto esame. Il 6 gennaio giallorossi sul campo del Chievo, con mezzo centrocampo da inventare e l’attacco privo della sua perla del mercato, Dzeko. Molti diranno: meno male che Edin se ne starà a casa, visto il suo rendimento da settembre in poi. Ma non è facile regalare uno come il bosniaco, specie se da lui si attende - da un momento all’altro - la resurrezione. A Verona non ci sarà nessun risveglio e nemmeno contro il Milan (a meno che non si vinca il ricorso per annullare la seconda giornata di stop). Quindi Edin, una mano al suo allenatore non potrà darla, poi stabiliremo se sarà stata una fortuna o no. A Verona non ci saranno nemmeno Nainggolan e Pjanic, la corsa e la fantasia, il podismo e l’arte. Ci sono De Rossi, poi Keita, uomo di fiducia dell’allenatore ma un po’ arrugginito vista la perdurante assenza per infortunio. Da considerare anche Vainqueur, utile a tratti ma non un titolare per Garcia. Assente Uçan proprio quando sarebbe stato (forse) utile. Sarà un centrocampo inedito o quasi, non proprio confortante come soluzione. Florenzi, in un eventuale 4-4-2, può salire a centrocampo, come contro il Palermo qualche mese fa. Esperimento riuscito all’epoca, riproponibile dopodomani. Comunque vada, sarà una Roma rabberciata, ma non sconfitta. Certo, per Garcia, sarebbe stato meglio giocarsi il futuro con un altro tipo di squadra. Con il Milan sarà diverso, ma prima c’è Verona e perdere significherebbe ricominciare il valzer del «cacciate l’allenatore» e del moto pulp «il sangue di Rudi non scorrerà», etc etc.
REPETITA IUVANT - Rudi in questo periodo ha voluto fare di testa sua, gestendo la preparazione in prima persona. Come a dire: se proprio devo affondare, lo farò come dico io. E nemmeno è sbagliato. Poco importa se tanti lo hanno criticato per l’annullamento della seduta del pomeriggio di sabato: ha visto la squadra stanca e non ha voluto sovraccaricata. Le critiche erano scontate, per questo si poteva evitare la platealità della comunicazione, non tanto il gesto. Questo è il senso, per chi non lo avesse capito o chi fa finta di non capire. Nessuno di noi - tifosi a parte - si è permesso di stabilire se fosse giusta o sbagliata la scelta di far riposare la squadra, nessuno si è trasformato in preparatore atletico. Chiaro, no? Stavolta sì. Ma non è detto.