Lippi avvisa Garcia: «Totti merita un finale dignitoso»

12/11/2015 alle 13:41.
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IL TEMPO (G. CHERUBINI) - Due anni fa ha trascinato il Guangzhou Evergrande Taobao alla conquista del terzo scudetto consecutivo in Cina, quella contro il Shandong Luneng è stata l’ultima partita vista e guidata da una panchina. Marcello Lippi, nato a Viareggio, classe 1948, è diventato Campione del Mondo nel 2006 con l’Italia, ha scritto la storia della serie A (e non solo), ha insegnato calcio a tutti i livelli.

Tanta gavetta in provincia, e le tappe più importanti, l’avventura a Milano con l’Inter il rimpianto più grande. Il tecnico toscano - con l’armata bianconera - ha vinto 3 Scudetti, 1 Coppa Italia, 2 Supercoppe italiane, ma i successi maggiori sono arrivati proprio nelle serate internazionali: Coppa dei Campioni contro l’Ajax all’Olimpico, una Supercoppa europea e la Coppa Intercontinentale contro il River Plate in Giappone. Lippi è un vincente, non s’accontenta, non lo ha mai fatto durante tutta la sua carriera. Ha trascinato gli azzurri nella notte di Berlino, ha segnato il riscatto per un popolo intero: l’Italia veniva dallo scandalo Calciopoli, sognava il rilancio in Germania, la finale con la Francia è diventata leggenda.

Ora il futuro è tutto da scrivere, il tecnico non ha nessuna intenzione di fermarsi, lo ha raccontato a Il Tempo , vuole tornare protagonista e spera di farlo al più presto. Per il momento guarda tutte le partite, non se ne perde una, ma resta in attesa di una chiamata. Forse la più importante di tutte.

Lippi, sta seguendo il campionato?

«Assolutamente sì, guardo tutto con molta attenzione. Ho notato che quest’anno c’è un grande equilibrio, la serie A è più affascinante rispetto al recente passato. Ma il torneo è ancora lungo, può succedere veramente di tutto».

Chi è la sua favorita?

«La Roma è in pole position, ha costruito una squadra per vincere, ha tutto per farlo, da tre anni ormai è in vetta. L’allenatore è bravo e intelligente, attualmente hanno una marcia in più. Il derby ha trasmesso sicuramente consapevolezza, è stata una bella iniezione di fiducia».

Le dispiace vedere a fine carriera?

«Molto, sono stato all’Olimpico in occasione di Roma-Sassuolo e mi ha fatto particolarmente male vedere Francesco quasi non esultare al gol. Non me l’aspettavo, ho notato un po’ di tristezza, ma probabilmente anche lui sta soffrendo questa situazione. In ogni caso non è detto che smetta, lui ha tanta voglia ancora. Ma se dovesse accadere, mi auguro che allenatore e società facciano sì che avvenga nel migliore dei modi, rispettando una bandiera come lui».

Che idea si è fatto del ?

«È un ottimo gruppo, con tanti bravi giocatori, il potenziale offensivo poi è fantastico. Inoltre sono allenati da un tecnico importante: ho conosciuto Sarri lo scorso anno, sono stato spesso ad Empoli, è molto attento al suo lavoro. In campo si vede, è riuscito a portare una mentalità diversa, non sono sorpreso dal valore di questo tecnico».

Lazio in crisi, squadra diversa rispetto allo scorso anno. Secondo lei cosa sta accadendo?

«Purtroppo queste sono cose che succedono, sono quasi dei misteri. Ogni tanto vengo a Roma, ho tanti amici laziali e tutti sono arrabbiati con la società. Cerco di convincerli che non sempre è fondamentale comprare tanti giocatori, ma per esempio trattenerli - come ha deciso di fare la Lazio in estate - è già un bel traguardo. La crescita del club è sotto gli occhi di tutti, la prima parte di stagione è stata caratterizzata da tanta sfortuna: 5-6 infortunati, l’assenza di un giocatore importante come De Vrij. Così non è facile per nessuno».

Lei si è confrontato spesso con il presidente Lotito. Che tipo è?

«Per lui parlano i risultati, è un uomo che con pochi soldi a disposizione è riuscito sempre a raggiungere ottime posizioni in classifica. Per fare una cosa del genere ci vuole tanta competenza».

Vuole dare un consiglio a Pioli?

«Io ho molta stima di questo "ragazzo", mi sembra che possieda anche un’ottima intelligenza, scaltrezza e soprattutto sa interpretare bene il mestiere. In questo momento deve fidarsi delle persone vicine a lui, serve una spinta psicologica importante per reagire. È fondamentale continuare a lavorare con i suoi giocatori, parlarsi e confrontarsi quotidianamente. I risultati torneranno».

Per la invece che stagione sarà?

«E’ iniziata male, sembra decisamente diversa rispetto a quella passata. La società ha rinnovato molto, poi sono ci sono stati gli infortuni di Khedira e Marchisio. In più sono stati ceduti Pirlo e Vidal e chiaramente Pogba fatica con Sturaro e Lemina. La pressione è tanta adesso».

Mister, tornerà ad allenare?

«Quando sono andato via dalla Cina, pensavo di aver chiuso con il calcio. Invece con il passare dei giorni mi sono accorto che volevo andarmene a tutti i costi non per un rifiuto nei confronti di questo mondo, ma semplicemente perché mi mancava la mia famiglia, i miei cari. Adesso che sono tornato ho riscoperto la passione per il mio lavoro, guardo tantissime partite alla tv e spesso le commento dentro di me. Questo significa che ho ancora voglia. Se arrivasse una chiamata sarei felice. Altrimenti, pazienza».