CORSERA (L. VALDISERRI) - La connection Roma-Sarajevo, attraverso i gol di Pjanic e Dzeko, rende importante persino il calcio d’agosto, quello che un tempo contava solo per le chiacchiere sotto l’ombrellone, in attesa delle cose serie. Succede così che Garcia batta per la prima volta la Juventus in campionato (dopo tre sconfitte, un pareggio e una vittoria ma in Coppa Italia), la mandi a -4 e lasci ad Allegri un record al contrario: mai i bianconeri avevano zero punti dopo le prime due giornate di serie A. Il 2-1 finale è un risultato che potrebbe spiegare al famoso marziano sbarcato sulla terra il fascino assurdo del calcio. È un finale giusto perché la Roma ha dominato la gara per 80’, meritava un rigore (fallo di Mandzukic su Florenzi) dopo 30” e, sul 2-0 e con l’uomo in più (espulso Evra), poteva e doveva infierire. Ma la reazione finale della Juve, dopo il gol di Dybala, il più continuo dei suoi, poteva anche portare a un clamoroso 2-2. C’è voluto un miracolo di Szczesny, al 93’, su colpo di testa di Bonucci, per evitare l’incredibile rimonta. La Juve deve aggrapparsi a questo finale importante e a un colpo di mercato nelle ultime ore. Il resto non c’è ancora.
Garcia provoca l’effetto domino con una sola mossa, ma a suo modo clamorosa. Fuori Castan, che a Verona aveva dimostrato quanto è difficile, anche per un uomo coraggioso come lui, risalire da un’operazione al cervelletto e De Rossi scala a difensore centrale. È un cambio che ha tanti ricaschi: 1) condiziona il resto della formazione: c’è Iago Falque per dare equilibrio nel tridente offensivo con Dzeko e Salah; 2) corre un rischio calcolato, a 24 ore dalla fine del mercato, mandando in campo una difesa che ha un attaccante come terzino destro (Florenzi), un centrocampista a fare il libero (De Rossi) e un terzino sinistro che ha fatto due allenamenti con i compagni (Digne); 3) manda in panchina per la seconda volta Francesco Totti, evento che non era mai successo all’inizio di un campionato, se non per infortunio.
I risultati sono una manovra più fluida quando deve partire dal basso e la scoperta che Pjanic adesso è al centro del gioco e fa male anche vicino alla porta (palo clamoroso nel primo tempo, punizione perfetta per l’1-0), che Dzeko è il centravanti che mancava dai tempi di Batistuta (vedi il gol del 2-0, saltando di prepotenza sopra Chiellini) e che il mix sarà difficile da gestire ma è affascinante.
La Juve è poco giudicabile. Tevez, Vidal e Pirlo non ci sono più ed è inutile parlarne ancora. Sono state fatte delle scelte, vanno rispettate. L’assenza di Marchisio è pesantissima, Cuadrado (15’ in campo) e Alex Sandro saranno pronti dopo la sosta e sono ottimi rinforzi, Khedira è in infermeria e proprio in quel ruolo bisognerà cercare. Per quasi tutta la gara è stata messa alle corde, con percentuali di possesso palla ben sotto il 40%, poi ha reagito di pura rabbia nel finale, aiutata da un calo fisico (si è giocato a 35 gradi) e di attenzione della Roma. Allegri ha scherzato, un po’ amaro: «Entro sempre nella storia. Nel bene e nel male».
Garcia, ora, ha un compito: convincere i suoi giocatori che i prossimi tre punti, a Frosinone, saranno importanti come quelli di ieri. Dzeko sembra un’ottima spalla in questo lavoro: con i piedi buoni ma solido come una quercia. Dobro dosli, come si dice dalle parti sue. Benvenuto.