LA REPUBBLICA (F. S. INTORCIA) - Ieri, oggi e domani, il problema azzurro è il tremendo mal di gol, l’assenza di un attaccante che la butti dentro. Può darsi che Conte, osservandogli azzurrini di Di Biagio col Portogallo, abbia avuto un déjà-vu: hanno le medesime difficoltà dei suoi giocatori. Entrambi i ct hanno cambiato modulo e adottato da due partite il 4-3-3, per favorire il travaso fra le due squadre. Ma non c’è un goleador di razza in giro né all’orizzonte.
La Nazionale A ha segnato 13 gol in 10 gare con 9 uomini diversi, il titolare è Pellè (2 reti, come Candreva e Chiellini) che ha esordito fra i grandi a 29 anni. Quella di Di Biagio all’Europeo in 180 minuti ha trovato la rete solo con Berardi dal dischetto: fanno tre in tutto nelle ultime cinque, preoccupante involuzione. Il Paese dei grandi dualismi in avanti adesso fatica a trovare un solo attaccante su cui costruire un progetto. L’ultimo è stato Balotelli, che in azzurro un certo feeling col gol l’ha sempre avuto: 6 in 14 gare fra i giovani, 13 in 33partite fra i grandi, prima di perdere la Nazionale e se stesso. Prandelli gli aveva costruito intorno la sua Italia, se n’è pentito pubblicamente a Natal. Quando però nessuno pensava che sarebbe stato così difficile trovare un rimpiazzo di Mario. All’Under 21 per restare all’Europeo non serve poi una goleada domani: sotto gli occhi di Conte e Tavecchio che arriva oggi, deve solo battere gli inglesi (loro, nonostante Kane, hanno segnato una volta in due gare) e sperare che fra Portogallo e Svezia non finisca in parità. Basta un gol, ma ci vuole qualcuno che lo faccia.
Danilo Cataldi quando ci ha provato ha spedito il pallone oltre la tettoia, tra lo stupore del pubblico. Ora difende gli attaccanti di ruolo: «Non è vero che non abbiamo grandi punte. Belotti ha segnato una doppietta decisiva nella rimonta con la Serbia, siamo qui grazie a lui. Berardi lo conosciamo tutti. Trotta è uno che appena vede la porta fa gol. Battocchio, Bernardeschi, Verdi e gli altri in questo biennio hanno dimostrato di essere capaci di buttarla dentro. Ci mancano due cose: fortuna e cattiveria. E tocca anche a noi centrocampisti inserirci di più». Dal ciclo precedente, con Mangia in panchina, sono usciti Immobile, Insigne, Gabbiadini. Qui, Berardi, 31 gol in due anni in A (7 al Milan in due partite), è già pronto per Conte: ma in azzurro è suggeritore più che finalizzatore, è la principale fonte di gioco dell’Italia.
Il compito di segnare ce l’ha Andrea Belotti, che ne ha fatti 7 nel biennio con Di Biagio ma in quest’Europeo è stato tutto (astuto, sfortunato, impreciso) fuorché prolifico. Lo chiamano il Gallo, è cresciuto all’oratorio, l’hanno paragonato ai grandi centravanti, nel Palermo è stato chiuso da Vazquez e Dybala però ha giocato 38 gare su 38 (9 da titolare, 6 gol). «Sono fiducioso se penso all’Inghilterra – dice - perché stiamo crescendo, abbiamo compiuto un piccolo passo avanti. Adesso ci serve quello decisivo: vincere e qualificarci».
Guardando più lontano, per trovare due speranze bisogna attingere alle generazioni ’96 e ‘97: Alberto Cerri, che ora si svincola dal Parma, è a 21gol in 55 gare giovanili, Federico Bonazzoli, preso dalla Samp, a quota 20 in 42. Tutti scommettono su Patrick Cutrone del Milan, ’98: 19 gol in 33 presenze azzurre, numeri record anche in rossonero.Ha otto anni in meno di Balotelli, che rispetto a lui sembra già il passato.