LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Il punto di vantaggio sulla Lazio c’è ancora. Ma nella prima mezzora s’era diffuso il sospetto che i giocatori della Roma avessero allungato il ritiro (forse con una ritirata). Avevano iniziato sospinti da quella loro tipica baldanza da villaggio turistico che non porta a niente, animati da propositi tatticamente indecifrabili. Qualcuno faceva di testa sua, qualcuno chiamava palla comunque, altri cercavano soluzioni individuali, altri sparivano. Carica ma senza logica, la Roma scopriva che gli inserimenti di Badu erano una vera maledizione e che la mobilità di Thereau compensava l’assenza di Di Natale.
La Roma comincia a lottare per il secondo posto solo quando l’Udinese ha già messo la freccia, con Perica. A quel punto i giallorossi, senza Florenzi squalificato, sono costretti a prendere sul serio la faccenda. Mentre ancora non è chiaro chi debba seguire Thereau, Manolas partecipa al disagio collettivo regalando un pallone al francese all’altezza della bandierina: la respinta di De Sanctis trova pronto solo Perica (19’). La vergogna porta la Roma a reagire, le sue attuali condizioni la costringono a farlo in modo irrazionale, scomposto. Il gioco di Garcia si riassume in due strategie che la squadra non sa più applicare: il possesso palla veloce e la ripartenza improvvisa. Lo scorso anno erano la norma, quest’anno sono scomodi ricordi.
La Roma cerca il pari senza criterio, con foga, trovi giocatori fuori posizione da ore. È Yanga al 32’ a dribblare Allan e Perica e calciare alto. Tutto dire. Perica va vicino al raddoppio al 34’, completamente perso da Torosidis. Insomma è la solita Roma sparita, la bella aristocratica del calcio italiano che si muove sotto il lenzuolo come i fantasmi delle barzellette. Pjanic prova a stare il più lontano possibile dal pallone. Quando decide di cambiare rotta, organizza con Totti (il più vivo) l’azione che mette Nainggolan, complice la latitanza di Widmer e Allan, solo davanti a Karnezis (45’): 1-1. Totti incita i suoi: «Gliene facciamo quattro».
Nella ripresa un tacchetto di Badu taglia il viso di De Rossi: inizio sanguinoso. Capitan Futuro fasciato sembra Capitan Fracassa, però qualcosa gli scatta dentro, appare più dinamico e diventa pericoloso persino in attacco (6’). Impaurita, l’Udinese si schiaccia all’indietro come se non volesse interferire più di tanto. Di colpo Nainggolan e Pjanic sono liberi, Totti non lo segue nessuno, gli esterni incontrano pochi ostacoli, non c’è giocatore della Roma che non abbia il tempo di girarsi e partire. Strano, accade tutto in un attimo. Sono tutti talmente convinti che la partita sia girata che nessun giallorosso bada più a proteggersi. Così De Sanctis salva su Thereau alla disperata (10’).
Nel secondo tempo le distanze fra i centrocampisti sono da saldo di fine stagione e la loro precisione emblematica della concentrazione in campo. Si vedono lanci sbagliati di metri: ma non di due, di trenta metri. Iturbe pare immarcabile (al netto del suo marcarsi da solo). Ibarbo è volenteroso e tuttavia slegato dagli altri. Ma soprattutto è l’Udinese che ha voglia di farsi male da sola: l’area friuliana diventa improvvisamente un dormitorio, Widmer e Heuteaux eseguono gesti talmente brutti da vedere che Totti forse liscia per non farli sentire troppo soli. Dal rimpallo fra Torosidis e Karnezis esce il vantaggio giallorosso: 2-1 al 20’. Il terzo potrebbe arrivare da un tacco di Nainggolan (36’) o da una sassata di Cholevas sulla traversa (40’). Contava vincere. Ma se giochi così il derby non lo vinci.