GASPORT (V. D'ANGELO) - Nelle favole che si rispettano c’è sempre un lieto fine. Stavolta no. Perché la strega cattiva, vestita di blu e con l’accento inglese, s’è rivelata fuori portata dei comuni mortali che l’hanno affrontata. E non ha avuto bisogno di pozioni o sortilegi per conquistarsi un posto in finale (lunedì sempre a Nyon alle 16). E’ bastato mettere in evidenza il suo infinito talento e la straripante forza fisica. Resta da favola, però, il cammino della Roma Primavera di Alberto De Rossi in questa Youth League, che ha visto i giallorossi eliminare Bayern Monaco e Cska Mosca nella fase a gironi, l’Ajax negli ottavi e il Manchester City nei quarti. Probabilmente stavolta non sarebbe bastata nemmeno la gara perfetta. Il Chelsea è sembrato da subito di un altro pianeta. La Roma ha avuto il merito di restare viva per 45’ e andare all’intervallo con il sogno ancora intatto. Poi la sveglia è suonata, sfortunatamente troppo presto. E la Roma ha dovuto arrendersi alla realtà.
DI FISICO In Italia poche squadre hanno la qualità e la struttura della Roma, che al cospetto del Chelsea è sembrata Pollicino. I Blues sono una macchina quasi perfetta. Squadra corta, compatta, capace di giocare a ritmi altissimi per 90’. Non c’è stata una sola palla vagante finita nei piedi di un giocatore della Roma. La velocità del Chelsea era doppia. Eppure gli inglesi un difetto ce l’hanno: si piacciono troppo. Così ogni volta che la Roma sembrava barcollare, le hanno dato una mano a restare in piedi. A giocare col fuoco spesso ci si brucia. Ma il diagonale di Pellegrini sul finire di primo tempo è uscito di pochi centimetri, graziando il Chelsea. La partita, forse, poteva girare lì.
NUMERI E invece nella ripresa è iniziato l’incubo. Settanta secondi sono bastati a Colkett per sbloccare la gara e mettere fine alle speranze giallorosse. Con la strada in discesa, le velocissime frecce inglesi hanno aumentato ancor di più i giri del motore, travolgendo gli avversari. Boga, Musonda e Brown tra le linee sono stati imprendibili, e quando il capocannoniere Solanke s’è svegliato, colpendo a morte due volte (al 4’ e all’11’) la preda ferita, non c’è stato più nulla da fare. Viveash ha poi pescato dalla panchina altra energia dominante. Parker (assist) e Abraham (gol) hanno infierito nel punteggio e nell’orgoglio della Roma, che s’è affacciata un paio di volte con Verde nell’area avversaria, senza lasciare il segno. Troppo Chelsea per questa Roma, che s’è arresa alla più forte. Lo dicono i numeri: miglior attacco (33 reti fatte) e miglior difesa (4 subite). Allo Shakhtar l’arduo compito di smentirli.